Lo scaricabarile della destra
Dal cameratismo allo scaricabarile. Dal fronte comune all'ordine sparso. Raisi accusa: la vendita della casa di Montecarlo è stata fatta durante la reggenza di La Russa. L'uomo di Ignazio replica: non è vero, lui non c'era. Interviene Matteoli: vicenda cialtronesca, non aggiungiamo bugie. E poi tutti a dare la colpa al povero Franco Pontone, il tesoriere ottantenne di An. È cambiata la scala dei valori nel mondo della destra. O almeno all'interno del suo vertice. Lo spettacolo a cui stiamo assistendo attorno alla ormai famosa casa di Montecarlo - mille giustificazioni e soprattutto l'attribuzione della responsabilità ad altri - è del tutto simile a un altro show in scena in questo periodo: quello delle soubrette coinvolte nel giro di cocaina in alcune discoteche milanesi: sì, è vero, ne ho consumata, anzi no, l'ha fatto l'altra, lei tirava e io guardavo, è colpa di quella, no di quell'altra. Quello che sta accadendo nell'ex mondo di An non è altro che la fotografia, la plastica raffigurazione di una vera e propria mutazione genetica avvenuta nell'ultimo decennio. Rapidamente e senza che nessuno dei protagonisti – probabilmente - se ne rendesse conto. Due esempi possono essere utili per capire. Pochi giorni fa, è morto a Napoli Antonio Parlato. Deputato del Msi e poi di An, per diciassette anni. Ad ogni campagna elettorale, per sostenerne le spese, Parlato si privava di una proprietà: una casa a Positano, un immobile a Napoli. I familiari sono riusciti a fatica a impedirgli di vendere l'appartamento in cui ha vissuto l'ultima parte della sua vita. Poche settimane prima della morte di Parlato, Libero aveva documentato come il viceministro Adolfo Urso paghi ogni mese un mutuo di circa novemila euro per l'acquisto di varie proprietà immobiliari. Tra queste, una in zona Prati, a Roma, con un valore di alcuni milioni di euro. Tutto regolare, tutto legale, sia chiaro. Il viceministro Urso ha spiegato che lavora da quando era ragazzino e anche i suoi figli si sono sempre dati da fare: uno si è trasferito a Londra appena compiuti i 18 anni. Aggiungiamo pure che non è possibile dubitare dell'onestà personale di Urso. Quello che proveremo a spiegare in queste righe non è una disquisizione morale (non ne avremmo né l'autorità né la capacità di sostenerla), bensì sottolineare come un nuovo costume si sia fatto largo in quella che era una comunità e che lentamente si è trasformata in un insieme di monadi, ora in lotta tra loro. Nel mondo della destra è cambiato il modus vivendi. Sono cambiate le priorità, i costumi. E non si può dire che sia stato il potere la causa di tutto. Piuttosto, l'arricchimento. L'evoluzione sociale. La scalata. Le frequentazioni personali. L'ingresso nel mondo della finanza. Le vacanze in esclusivi resort a molte stelle. La gita in megabarca a vela. La villa al mare e il casale in campagna. Mano a mano, i valori di sempre sono stati accantonati per fare spazio ad altri. Un tempo, per esempio, al partito si dava. Ora bisogna prendere. Prima, i soldi servivano per finanziare le correnti, per pubblicare giornali grazie ai quali far circolare le idee, sostenere circoli culturali. Poi è arrivato il finanziamento privato, si sono dissolte le componenti e in tanti hanno intravisto nella politica il mezzo per la rivalsa personale, a maggior ragione se in quei contesti che prima i capi della destra potevano osservare solo dall'esterno e da lontano. La strada d'accesso per anni era rimasta sbarrata per loro. Potevano assistere come bambini, con il naso schiacciato contro le vetrine, nei pomeriggi di inverno. Immune da questa modificazione sembra essere rimasto proprio Gianfranco Fini. Pur con le sue leggerezze, il leader si è calato, e solo di recente, nella vita borghese. I weekend ad Ansedonia, i bagni sulla spiaggia in un lido qualunque, i giornali comprati in piazza la mattina. L'appartamento normale nella prima fascia periferica della capitale, le passeggiate (senza scorta) in centro con la compagna. Il grande amore per le figliolette. Il suo reddito annuo dichiarato è di 142mila euro, aumentato di circa 35mila per effetto dei maggiori emolumenti in quanto presidente della Camera. È tutto ciò che gli ruota attorno che ha acceso le luci e ha cominciato a girare come una giostra. Come se fosse piovuta sulla destra una vincita milionaria al superenalotto (che non c'entra con quella di Tulliani e/o Gaucci). E l'inizio di tutto è da collocare poco dopo l'anno 2000, con la seconda volta al governo. Si sono spalancate porte impensabili, quelle del luccicante universo dei vip. I big della destra si sono mossi come spinti da una fame atavica. L'appartamento a Montecarlo ne è la logica conseguenza. Non è l'unico caso ma è quello al momento emblematico. E anche il partito è diventato un frutto da spolpare. La guerra interna (che, va detto, non ha travolto tutti quanti: c'è chi è rimasto quello di un tempo) si è sviluppata in maniera violenta, ha travolto il senso di comunità, di appartenenza, il fatto di sentirsi prima di tutto una famiglia. Ora ognuno va per conto suo. Pronto a usare qualunque arma contro i concorrenti. Ecco perché gli stracci volano non sui progetti, le idee o i sogni. Ma sui soldi. Sui conti di Alleanza nazionale. Ecco perché la battaglia infuria non dentro le quattro mura, come accadrebbe ad un nucleo compatto, ma sui quattro muri. Quelli di Montecarlo, nella fattispecie. Molti lettori del Tempo non si capacitano di quanto sta accadendo. Soprattutto i numerosi che hanno chiamato il nostro centralino, per sapere come fosse possibile. Perché? E insieme raccontare le loro storie, di come da ragazzi rinunciavano alla birretta la sera per fare la colletta e pagare assieme l'affitto della sezione. Ci si procurava lavoretti appositamente per racimolare i soldi per la colla dei manifesti. Quel mondo non c'è più. Non esiste. E lentamente gli ex big dell'ex An stanno distruggendo anche il loro ultimo patrimonio: la memoria.