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Ma per realizzarlo serve l'appoggio del Carroccio

Umberto Bossi

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Sognare governi tecnici e larghe intese non costa nulla. Ma ci sono scogli contro cui, prima o poi, tutti i sogni e le speranze vanno a cozzare. Nel caso delle formazione di un esecutivo il primo è il Quirinale. Non è affatto sicuro, anzi è altamente improbabile che, di fronte ad una crisi di governo, Giorgio Napolitano decida di sciogliere le Camere e affidare alle urne il futuro del Paese. Lo ha già fatto due anni fa, dopo l'esperienza del centrosinistra guidato da Romano Prodi, e ormai l'Italia ha messo alle spalle il periodo storico in cui si cambiava l'inquilino di Palazzo Chigi ad ogni cambio di vento. Scavalcato l'ostacolo Colle resta però il problema più grande, quello dei numeri. Allo stato attuale un esecutivo tecnico non sembra avere la maggioranza parlamentare. A Montecitorio, infatti, le opposizioni possono contare sui 206 deputati del Pd, sui 39 dell'Udc, sui 24 dell'Idv e sugli 8 dell'Api di Rutelli. A questi potrebbero aggiungersi due dei tre parlamentari del gruppo misto non iscritti ad alcuna formazione (l'ex Ds Giuseppe Giulietti e l'ex Idv Americo Porfidia), i 3 liberaldemocratici capitanati da Daniela Melchiorre, le minoranze linguistiche (3) e i 6 appartenenti al Partito liberale. Totale: 291. Venticinque in meno dei 316 parlamentari che rappresentano l'asticella più bassa per la maggioranza (un solo deputato in più). Non va meglio a Palazzo Madama. Qui il Pd ha 113 senatori, 12 l'Idv, 13 l'Udc, 4 l'Api. Inoltre ci sono Giuseppe Astore, senatore ex Idv iscritto al gruppo, e i senatori a vita (sicuri Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro e Rita Levi Montalcini). Anche qui il totale (146) e inferiore all'asticella minima (157). Ora la domanda nasce spontanea: chi può garantire 25 deputati e una dozzina di senatori? L'attenzione degli addetti ai lavori si concentra soprattutto su Gianfranco Fini. Ma le «truppe» del presidente della Camera sono un mistero. Nessuno le ha mai viste né, tantomeno, contate. E poi c'è un altro aspetto. Perché Fini dovrebbe gettarsi nella mischia di un governo tecnico con Pd, Udc, Idv e chi più ne ha più ne metta? Certo c'è sempre la «responsabilità istituzionale» nei confronti di un Paese che, in un momento così difficile, non può rimanere senza governo, ma il rischio è che un'esperienza di questo tipo si trasformi in un boomerang. E così qualcuno, forse sognando un po' troppo, guarda dalle parti della Lega (26 senatori e 59 deputati). In fondo Umberto Bossi fece lo sgambetto a Berlusconi già nel 1994 e nessuno può escludere una replica. Anche perché il Carroccio vuole il federalismo e quindi sembra disponibile ad appoggiare chiunque glielo garantisca. Fantapolitica? Forse. Ma un esecutivo tecnico, per sopravvivere, ha sicuramente bisogno del Senatùr.

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