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Festa dell'Unità, a non volerla è una parte del Pd

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.Così, se da una parte il «lapsus» del coordinatore del Pd romano, Marco Miccoli nel denunciare l'eventualità di non tenere la Festa dell'Unità (che dallo scorso anno si chiama «Democratic Party», ovvero la Festa dei Democratici) ha fatto infuriare l'area dei popolari, dall'altra si dimostra ancora una volta la doppia anima di un partito che, soprattutto a livello locale, non decolla. A lanciare il sasso ci ha pensato il senatore, ed esponente romano dei popolari del Pd, Lucio D'Ubaldo. «Miccoli dovrebbe battersi per l'organizzazione della "Festa dei Democratici", visto che siamo un partito nuovo e guardiamo al futuro. Invece si lascia andare a una nostalgica difesa della Festa dell'Unità, espressione storica di un partito, il Pci, sciolto vent'anni fa sull'onda del fallimento sovietico - ricorda D'Ubaldo - È una gaffe la sua? No, è qualcosa di più significativo e grave. Perdiamo voti, come Pd romano, proprio per questa ragione: spacciamo per nuovo il riciclo di esperienze logore e del tutto inadguate. Miccoli, mi spiace dirlo, coordina solo la nostra decadenza come partito riformista». Il nome, come sempre, indica l'identità e gli ex democristiani proprio non ci stanno ad essere associati a una tradizione, come quella comunista, nella quale non si riconoscono. Alle puntuali riflessioni di D'Ubaldo, fanno eco quelle dell'assessore alla Provincia di Roma, Serena Visintin che consiglia al coordinatore romano di «abbandonare vecchie nostalgie e confrontarsi su un terreno nuovo, come nuovo è il partito in cui ormai quasi tre anni fa siamo confluiti». Occhio per occhio e dente per dente invece per l'europarlamentare Silvia Costa: «Mi aspetto che la nostra sia la festa del Pd e che venga democraticamente gestita - avverte Costa, anch'essa dei popolari del Pd - a Miccoli voglio ricordare che anche noi in passato abbiamo dovuto rinunciare prima alla Festa dell'Amicizia e poi alle Giornate di Europa». Messaggio chiaro: ci abbiamo rinunciato noi, perché voi no? E se il coordinatore capitolino del partito non replica, ci pensa, con toni roventi, il consigliere comunale del Pd, Dario Nanni. «Conoscendo il personaggio - afferma Nanni riferendosi al senatore D'Ubaldo - non ci sorprendiamo più delle sue dichiarazioni, comprendendo che queste sue esternazioni sono l'unico modo con cui può dare segnali della sua presenza dal punto di vista politico. Tentare di screditare parte della storia del Pd e il coordinatore romano Miccoli solo per un'affermazione, è l'ennesima prova di chi sa fare politica solo utilizzando questi mezzucci. Ma visti i riferimenti ai fallimenti e alla decandenza del Pd, ricordo a D'Ubaldo che la responsabilità di questi insuccessi è anche di quegli esponenti che invece di confrontarsi con le persone e con i circoli e di andare sui territori a risolvere problmei, fa politica solo per tutelare i propri interessi e prendere incarichi». Provano a mediare, smorzando i toni il consigliere regionale del Pd, Mario Mei e Giancluca Santilli, membro dell'esecutivo Pd. Ma occorrerà fare altro, dare indentità a un nome, sostanza alla forma. Ed è proprio questa la prima, indispensabile, missione del partito che dovrà eleggere entro giugno il nuovo segretario regionale, oppure saranno le solite primarie con le diverse anime del Pd a contendersi un ruolo ancora di corrente e non di partito.

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