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Enti verso la salvezza

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Sandro Bondi

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Il Colle in pressing sul Governo per la revisione della norma della Manovra che blocca i fondi a 232 enti culturali. Troppo importanti i valori culturali, ritenuti fondanti della nazione dal Quirinale, per essere considerati alla stregua di servizi qualsiasi. La «tagliola» che blocca i flussi verso enti e istituzioni di carattere storico e artistico, o ad alcuni comitati per le celebrazioni (proprio nel momento in cui si avvicina il 150 anni della Repubblica) potrebbe così saltare. Gli organismi sono quelli sui quali più si sono alzate le proteste nei giorni scorsi, insieme agli enti di ricerca su cui non sono esclusi «stralci». Se riduzioni ci devono essere - secondo alcuni osservatori - sarà necessario farle con attenzione, non in modo indiscriminato. In forse anche l'accorpamento degli enti previdenziali in Inail e Inps: è questa una norma che ha effetti economici sui quali però non è escluso che possa essere consigliato un confronto giuridico con tempi più ampi, senza la taqliola della conversione del decreto. Va verso il blocco dunque una delle norme più contestate della nuova manovra. La mannaia del ministro dell'Economia Giulio Tremonti su 232 enti che ricevono ogni anno ossigeno dal bilancio dello Stato. Un taglio senza pietà che fa risparmiare al Tesoro piccoli rivoli di denaro indirizzati però a fini nobili di studio dei nomi della grande cultura italiana. La manovra, infatti, cancella gli istituti e i comitati che si occupano di tramandare, solo per restare alla letteratura, le opere di Dante Alighieri ed Alberto Moravia, passando per Alessandro Manzoni e Giovanni Verga, per approdare a Cesare Pavese e Mario Soldati. Una falcidia che ha colpito per la sua entità il Ministro dei Beni culturali Sandro Bondi che si è sentito «esautorato» e anche un po' in imbarazzo per quella lista. Non ha pietà la lista dei 232 istituti, fondazioni ed enti culturali finita nel mirino dell'ultima finanziaria e guarda con indifferenza al patrimonio letterario come a quello dello spettacolo, mettendo ad esempio in discussione il festival dei due mondi di Spoleto a venti giorni dal via e la Quadriennale. Tanto che in molti, a partire dalla Fondazione Rossini di Pesaro si appellano al presidente Napolitano. Eppure nel sito del Ministero dei beni culturali si legge: «Gli Istituti Culturali rappresentano un settore di particolare rilevanza per la Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d'Autore, in virtù della loro importanza quali significativi centri di studio, di approfondimento e di promozione culturale. Costituiscono centri di ricerca e di promozione culturale e rappresentano elementi essenziali di pluralismo culturale». E segue l'elenco in cui figurano quasi tutti i nomi inseriti nell'allegato della finanziaria. È quindi comprensibile il dispetto del Ministro Bondi che ieri ha ripetuto con chiarezza: «Molti degli enti che figurano in quell'elenco - ha aggiunto Bondi - vanno soppressi, ma alcuni come il Centro sperimentale di cinematografia, la Triennale di Milano, il Vittoriale, non possono in nessun modo essere considerati lussi». E ha aggiunto: «Avrei voluto decidere insieme: il ministero non doveva essere esautorato. Ora mi metterò al lavoro con i miei collaboratori per capire quali di quegli enti sono eccellenze e quali sono inutili. Ma la scelta va fatta insieme». Parole pesanti ma adeguate alla vera e propria scure che con questa manovra cade sulle spalle della cultura italiana. In molti sono con Bondi anche dentro la maggioranza, mentre Pd e Idv a questo punto ne chiedono le dimissioni. Ed ora l'intenzione del ministero sarebbe quella di far azzerare quella lista stilata da Tremonti per avere invece solo il totale del taglio di spesa da distribuire secondo criteri che saranno poi stabiliti. Ma per ora nel mirino in particolare sembrano cadere gli scrittori perché l'elenco dei 232 ne risparmia ben pochi. C'è infatti la storica Società dantesca italiana di Firenze, fondata nel 1888 a Palazzo Vecchio e che ebbe tra i suoi fondatori Carducci, Chiarini, Cantù, Nencioni e molti altri. C'è l'Associazione fondo Alberto Moravia, voluta dalle sorelle, da Carmen Llera e Dacia Maraini dopo la sua scomparsa. C'è la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, istituto di valore internazionale. Ci sono i due comitati per le celebrazioni dei centenari di Cesare Pavese e Mario Soldati, che saranno anche passati ma i personaggi non sono di secondo piano. C'è l'Istituto di studi manzoniani di Milano, l'Ente nazionale Giovanni Boccaccio, e il centro nazionale studi Leopardiani, per non parlare della Fondazione Verga e dell'Istituto studi pirandelliani. «Si risparmia qualche milione di euro sugli enti culturali quando però più soldi vengono spesi dallo Stato per sorreggere un sistema che con la cultura non ha nulla a che vedere. È una vergogna!», commenta Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri e parlamentare del Pdl, protestando per la cancellazione della fondazione intestata al padre, l'ex segretario del Psi Bettino Craxi. Fa sapere anzi di essere in contatto con alcune delle «Fondazioni serie come quelle intestate a Gramsci, De Gasperi, Ugo Spirito, Don Sturzo, Einaudi» per decidere insieme una controffensiva e impedire che vengano «ghigliottinate». «Domani ci vediamo proprio per decidere il da farsi». Ma tra le misure che appaiono più in forse ci sono quelle che incidono con la magistratura: l'Amn, che nei giorni scorsi ha scritto al presidente della Repubblica e che parla di norma «iniqua, sperequata e incostituzionale», oggi incontrerà Gianni Letta a Palazzo Chigi. Ma potrebbe essere in bilico anche la riduzione lineare del 10% prevista dal decreto sui compensi per i componenti degli organi di di autogoverno, anche in questo caso sono compresi quelli della magistratura. Non è escluso, poi, che la pausa di riflessione possa estendersi al taglio previsto su tutti i dirigenti, oppure sulla norma che consente di trasferirli ad un altro incarico «anche di valore economico inferiore».

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