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Il giorno orribile del Pdl

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Il Pdl in piazza

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La giornata orribile del Pdl comincia con la lettura dei quotidiani. In particolare quelli considerati vicini al centrodestra. Sia Libero che Il Giornale (che è comunque di proprietà dei «familiari» del premier Silvio Berlusconi), inviano un messaggio inequivocabile al ministro Claudio Scajola: o chiarisce o si dimette. Tertium non datur. Di più, il capogruppo Pdl al Senato Maurizio Gasparri, intervenendo alla Telefonata su Canale 5, invita il titolare dello Sviluppo Economico a «riflettere in che modo la sua difesa possa essere meglio condotta: se mantenendo l'incarico di ministro o se rinunciando». Insomma serve poca immaginazione per capire dove si andrà a parare. E infatti intorno alle 10 le agenzie di stampa battono la notizia che alle 11.30 Scajola terrà una conferenza stampa nella sede del ministero. Nel frattempo si sparge la notizia di una telefonata, di buon mattino, con il premier, che è ancora a Milano. Mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che si trova a Genova, fa sapere attraverso i suoi collaboratori che sta seguendo gli sviluppi del caso. Gli occhi di tutti sono puntati su Via Veneto. Ma Scajola non regala colpi di scena. Il volto teso, lo sguardo sofferente, si accomoda davanti ai microfoni e, alle 11.35, comunica l'intenzione di rassegnare le dimissioni per potersi meglio difendere dalla accuse che gli sono piovute addosso. Caso vuole che, proprio mentre il ministro dello Sviluppo Economico fa le sue comunicazioni, Berlusconi arrivi a Palazzo Grazioli. Per il premier, probabilmente, la giornata potrebbe finire qui. Oltre a difendersi dagli attacchi di Gianfranco Fini, infatti, adesso il Cavaliere dovrà sostituire il ministro che stava gestendo uno dei dossier più importanti e delicati del programma di governo: quello sul nucleare. E il rischio è che la vicenda si trascini per settimane. Ma purtroppo per Berlusconi la giornata è appena iniziata. Passano un paio d'ore e un'altra tegola piove sulla testa del Pdl. Alle 13 si apprende che il senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico è indagato per truffa in relazione a contributi all'editoria percepiti illecitamente dalle sue società editoriali. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni per circa 20 milioni di euro. La notizia non è dirompente come le dimissioni di Scajola, ma esce sicuramente nel momento sbagliato. Anche perché già in passato Ciarrapico, sulla cui candidatura Alleanza Nazionale aveva espresso perplessità, aveva creato qualche grattacapo al Cavaliere per le sue mai rinnegate «simpatie» fasciste. Ma siccome non c'è due senza tre ecco che alle 13.45 arriva un'altra «buona notizia»: l'assessore all'Urbanistica del comune di Roma Marco Corsini ha ricevuto un avviso di garanzia nell'ambito di un'inchiesta in corso sul condono edilizio. Corsini fa sapere di aver messo a disposizione del sindaco il proprio mandato. Ma, a stretto giro di posta, Gianni Alemanno, che si trova a Bruxelles per la cerimonia della firma del «Patto dei Sindaci» delle città europee, conferma la proprio fiducia all'assessore. «Mi pare evidente - spiega - che tutto il suo operato è stato proteso a fare gli interessi dell'Amministrazione e della città per chiudere una vicenda annosa come quella del condono. L'assessore Corsini rimane quindi al suo posto e sono convinto che il lavoro della magistratura, alla quale abbiamo offerto e continueremo ad offrire piena collaborazione, farà al più presto luce sulla vicenda e sull'estraneità ai fatti dell'assessore». Una presa di posizione netta che, però, non cancella il dato politico. Da tempo si parla di un possibile rimpasto di Giunta in Campidoglio. E comunque si tratta dell'ennesimo problema per il Pdl laziale che già non gode di ottima salute. Infatti, al di là delle vicende giudiziarie, non si può nascondere che questo sia uno dei momenti peggiori per il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Proprio ieri i secessionisti anti-Capitale hanno fondato la loro associazione compiendo un altro passo lungo la strada che porta ad una separazione netta tra Roma e le altre province del Lazio. A Viterbo il presidente della Provincia Marcello Meroi, come anticipato da Il Tempo, ha rassegnato le proprie dimissioni a meno di un mese dalla sua elezione. E in Sicilia continua la battaglia tra i pidiellini finiani fedeli al governatore Raffaele Lombardo (che continua a governare anche grazie all'appoggio del Pd) e il Pdl «ufficiale» vicino al ministro Angelino Alfano e al presidente del Senato Renato Schifani. Insomma, un gran bel casino.

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