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Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

Lazio a rischio ribaltone

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Hanno obbedito alla «consegna del silenzio» dopo il pasticcio della mancata presentazione della lista Pdl di Roma e Provincia, «che ha prodotto un danno poltitico e generazionale enorme», si sono allineati alle direttive del premier Berlusconi, «adottando» un candidato della lista civica Polverini. Hanno persino atteso, speranzosi, le trattative per la formazione della giunta regionale e, infine, la prima riunione «dopo tantissimo tempo» del coordinamento romano, dove in molti si aspettavano dimissioni e chiarimenti che non sono arrivati.   Inevitabile dunque che ai sette «dissidenti» del Pdl che hanno creato il gruppo «Laboratorio Roma» si stiano aggiungendo altre importanti voci. «Non siamo una corrente», si affrettano a chiarire, in un momento in cui solo pronunciare quella parola sembra far tremare i polsi, i consiglieri capitolini, Aurigemma, Quarzo, Todini, Fioretti, Angelini, Vannini alla conferenza di ieri, alla quale hanno partecipato anche il senatore Stefano De Lillo, i consiglieri regionali uscenti (e tra gli esclusi della famigerata lista) Nicola Palombi e Donato Robilotta. Virtualmente presenti anche Aiuti, Saraceni, Celori, Maselli, Luzzi, Mazzocchi. «Parliamo oggi, perché non ci è stato permesso farlo all'interno del coordinamento romano», spiegano. E parlano. «Nell'augurare il miglior lavoro possibile alla Presidente Polverini e alla sua giunta, vogliamo denunciare la mancata attuazione da parte degli esponenti locali del partito degli impegni assunti dal presidente Berlusconi, cui certamente va il merito della vittoria». Non ne fanno una questione di «poltrone» ma di metodo e di merito politico. E non solo nella gestione della formazione della giunta regionale ma anche, o soprattutto, nel danno continuo e profondo nella gestione della politica capitolina. E a chi cerca l'alibi nel capogruppo comunale del Pdl Rossin, replica un decano dell'aula. «Rossin ha già il suo bel da fare con i 36 consiglieri - spiega Fioretti - non è mai accaduto che il capogruppo dovesse fare le veci di un partito che non c'è». Ecco il punto. «Il partito non c'è, non si riunisce, non detta una linea ai consiglieri, tra i quali molti alla prima esperienza istituzionale - dicono i «dissidenti» - non esprime pareri su presente e futuro della città, come ad esempio il delicato problema del bilancio, la sfida della riforma di Roma Capitale, il rilancio delle periferie». La conseguenza va ben oltre un posto in giunta o in una delle società regionali. Alemanno e la maggioranza in Campidoglio sono lasciati soli. Per questo la proposta (che sa di ultimatum se letta in "politichese") è quella del commissariamento temporaneo e dei congressi. Una proposta, non solo e non più del gruppo Laboratorio Roma, ma anche di esponenti influenti della politica romana, come i De Lillo e i Gramazio. È Robilotta poi ad annunciare che il il gruppo chiederà a Berlusconi «un incontro sulla vicenda del partito romano e laziale. È bene affrontare questi problemi con lui prima che la situazione diventi incandescente». Commissariamento del partito e congressi. È questa, dunque la strada per ricomporre correnti, posizioni e vere e proprie fazioni che potrebbero rivelarsi fatali soprattutto per Roma. Non ci vuole molto, infatti, a sfogliare il calendario fino al 2013, quando i romani saranno chiamati ad eleggere il nuovo sindaco. «La mancata presentazione della lista del Pdl in provincia di Roma ha prodotto un danno generazionale per circa 20 consiglieri e privato la Capitale di una significativa rappresentanza del mondo moderato e cattolico in Regione - ha detto il senatore De Lillo - per guardare con ottimismo alla scadenza elettorale del 2013 occorre recuperare questa forza culturale». Un «gap» senza precedenti dunque, e che dovrà necessariamente colmare il sindaco Alemanno. Inevitabile a questo punto l'ingresso nella giunta capitolina dell'Udc e de La Destra. Non a caso proprio ieri Alemanno ha ribadito: «L'Udc deve entrare sia nella giunta regionale sia nella giunta comunale», annunciando il rimpasto della sua squadra di governo per settembre.   Pronta la replica di Storace: «Che occorra ricucire con l'Udc è evidente, ma il sindaco Alemanno non mischi i tavoli. Infatti, da una parte sottovaluta il dato elettorale di Roma, che ha visto La Destra prevalere sull'Udc in città. Dall'altra parte, il gioco degli annunci sul rimpasto è ormai un ritornello. In Campidoglio i problemi ci sono e se deve cambiare la formula, come credo debba fare, Alemanno ha un solo modo per farlo: chiamare la politica». Messaggio chiaro. Ricevuto?  

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