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Di Pietro allo sbando l'Idv resta isolata

Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris

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Nei loro sogni c'è l'ambizione di detronizzare Silvio Berlusconi. Liberare l'Italia dalla sua opprimente dittatura e, magari, riuscire a vedere quel gabbiano, inserito nel logo del partito, volare alto e raggiungere percentuali di consenso talmente influenti da rubare lo scettro di principale forza di opposizione al Pd. Ma i sogni, si sa, sono chiusi nel cassetto, e, a quanto sembra, quello di Di Pietro lo rimarrà per molto molto tempo.   Il successo ottenuto alle Europee dello scorso anno che ha visto lievitare le preferenze dell'Italia dei Valori dal 4,4 per cento delle Politiche del 2008 all'8 per cento del 2009, ha gettato il partito nel caos. Non esiste più una strategia comune. Tutti si sentono legittimati a spararla più grossa, tutti pensano di essere i migliori. Insomma, quella che, fino a poco tempo fa, era l'indiscussa leadership di Tonino, inizia a sgretolarsi per colpa di quelle seconde file che lui stesso ha creato e che ora, non solo vorrebbero rovesciare l'Italia, ma non perdono occasione per isolare il leader.   Ed ecco che tra i primi a scaldarsi c'è Luigi De Magistris, l'ultimo arrivato in casa dipietrista. Anche lui, come Di Pietro, è un ex magistrato e l'Idv l'ha voluto candidare, concedendogli il privilegio di rimanere indipendente, alle Europee. Un successo dal punto di vista elettorale, ma da quel momento, per Tonino, sono iniziati i guai. Ufficialmente De Magistris smentisce, «Il Corriere della Sera da un po' di tempo crea un caso tra me e Di Pietro. Sono i poteri forti che temono un rapporto molto stretto tra noi. Non c'è alcuna competizione, non c'è mai stata così profonda sintonia tra me e lui», ma i fatti dicono l'esatto contrario. L'eurodeputato aveva cercato in qualche modo di seguire la linea dettata da Tonino. Anche lui aveva tentato di elevare Berlusconi al rango di «novello Catilina» ipotizzando per lui un esilio «con destinazione isole Cayman con un volo di Stato in compagnia di Apicella e qualche graziosa signorina», ma appena si è reso conto di aver esagerato eccolo pronto a fare marcia indietro. E allora si aggrappa agli specchi. Inventa le scuse più strampalate e alla fine addossa ogni responsabilità all'incapacità di capire degli italiani: «Sarà che da un po' frequento l'Europa, ma questo Paese sta perdendo l'umorismo. Il mio era un pezzo scritto su un blog e va letto per quello che è».   Poi però la voglia di attaccare il premier rimane un richiamo troppo allettante e continua: «Se vogliamo pensare che l'Italia è caduta nel basso impero e quindi c'è un sultano che sta stravolgendo la democrazia, allora l'esilio potrebbe essere una conseguenza, ma si può anche intendere come una scelta addirittura vantaggiosa per Berlusconi». Così meglio buttare tutto a ridere. Continuare a infangare il premier, ma poi dire di non dare peso alle proprie dichiarazioni perché scritte su un blog. Bacchettare il presidente della Repubblica additandolo di non essere «custode della Costituzione e della democrazia del nostro Paese» per poi dimostrargli «grande rispetto».   Ma se da un lato, all'interno dell'Italia dei Valori, prende piede la strategia di "un colpo alla botte e uno al cerchio", dall'altro sgomita un'altra frangia che chiede l'esatto contrario: rivoluzione ad oltranza. Sono quelli che la pensano come il deputato Francesco Barbato. Quello che dopo un intervento in Aula sventolò l'agenda rossa di Borsellino, quello che, non più tardi di un anno fa tuonò contro il suo stesso partito annunciando di sospendersi dagli incarichi in Campania «perché spuntano i camorristi, strane facce, gente alla quale io nemmeno stringerei la mano». Quello delle invettive più dure contro Berlusconi e che ieri è arrivato addirittura a occupare l'Aula di Montecitorio. Una protesta durata più di sei ore e conclusasi solo quando l'azione diplomatica del parlamentare questore del Pdl Antonio Mazzocchi è riuscita a convincere il collega dell'Idv che il governo metterà all'ordine del giorno dei lavori dell'Aula il tema della disoccupazione e in particolare quello dei lavoratori della Fiat di Pomigliano. E nel mezzo? Rimane solo lui. Tonino. E per reagire agli attacchi se la prende con Bersani: «Voi del Pd volete allearvi o no con l'IdV» dato che «tutti i giorni ci trattate come appestati, utili solo per motivi elettorali e poi da criminalizzare e denigrare?»  

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