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Ddl Giustizia, Berlusconi pensa già alle modifiche

Silvio Berlusconi

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Il giorno dopo il vertice, tra Berlusconi e Fini il clima è ancora teso. La maggioranza e i tecnici del Pdl si sono messi subito a lavoro per il disegno di legge sul processo breve. Un testo già pronto, messo nero su bianco con gli accordi raggiunti durante il faccia a faccia dell'altro giorno tra Berlusconi e Fini, e che molto probabilmente verrà depositato oggi al Senato. Fin qui tutto bene. Il problema è però che il vertice tra i due cofondatori Pdl ha lasciato un bel po' di strascichi. Il premier, rientrato a Roma in mattinata, non ha rilasciato nessun commento rispetto al compromesso raggiunto con l'alleato. Per lo meno ufficiale. È rimasto tutto il pomeriggio a Palazzo Grazioli, per una serie di incontri, per lo più proprio sul ddl in questione. Ma, stando ai racconti di qualche fedelissimo, l'arrabbiatura del giorno prima c'è ancora tutta. Quei paletti posti dal presidente della Camera proprio non vanno giù. «Anche perché, praticamente è una partita vinta a metà», spiegano dalla maggioranza. Una partita che, vuoi o non vuoi, ricade a pioggia su tutto il resto. Su tutte quelle gatte da pelare che Berlusconi si trova in queste ore a dover gestire. In primis, la questione Cosentino e le candidature per le Regionali. Andiamo con ordine. Questione giustizia: il disegno di legge che la maggioranza dovrebbe presentare oggi per abbreviare i tempi dei processi, potrebbe essere discusso dalla Commissione Giustizia del Senato durante i 15 giorni di pausa che saranno previsti per la presentazione degli emendamenti alla riforma delle intercettazioni. Il testo preparato durante la notte dai tecnici, sarebbe stato portato in visione al presidente del Consiglio, pare direttamente dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. In un primo momento si pensava di presentarlo in serata: ma, alla fine, si prende tempo anche per valutare la copertura finanziaria. Intanto, mentre la parlamentare Margherita Boniver presenta una proposta di legge per il ripristino dell'immunità parlamentare, il giorno dopo il vis a vis tra i due alleati in Transatlantico si analizza il momento politico. C'è chi parla di rapporto personale tra i due ormai compromesso, c'è chi addirittura sottolinea come la freddezza tra i due «implichi inevitabilmente la distinzione tra quelli di Forza Italia e quelli di Alleanza nazionale». La sensazione generale è che la distanza politica tra i due cofondatori del Pdl tende ad aumentare: nei fatti il Cavaliere ha ottenuto dal presidente della Camera una solidarietà di facciata ma non l'impegno ad appoggiare un provvedimento che lo blindi per il resto della legislatura contro i processi a suo carico. Nel frattempo la terza carica dello Stato chiarisce, a scanso di equivoci, che l'intesa regge solo se si gioca a carte scoperte. «Sono convinto che l'accordo potrà essere mantenuto - spiega Fini parlando in serata alla trasmissione Otto e mezzo - solo se il testo che verrà presentato non sarà diverso nei principi su cui ieri (martedì ndr) abbiamo concordato. Vedremo...». In realtà, secondo alcuni boatos di Palazzo, qualche modifica potrebbe essere fatta. Certo, senza cambiare i punti concordati con il presidente della Camera, ma magari inserendo qualche paletto per meglio esprimere il disegno di legge che aveva in testa il Cavaliere. Fini esclude il ritorno anticipato alle urne e parla anche di regionali, di Campania nello specifico. «Sono sicuro che Berlusconi non candiderà Cosentino. È una candidatura inopportuna». In realtà, di ufficiale ancora non c'è nulla. Berlusconi ha sentito il sottosegretario all'Economia al telefono esprimendogli il suo sostegno ma invitandolo a fare una riflessione sulla sua candidatura. Il premier avrebbe parlato di giustizia ad orologeria, sottolineando che si tratta di accuse grossolane. Per avere la decisione definitiva bisognerà aspettare l'incontro tra il premier e Cosentino, in programma forse già per oggi. Nessuno invece - né il presidente della Camera, né tanto meno il Cavaliere, ne metterebbe in discussione la permanenza nel governo. Secondo alcuni però il passo indietro di Cosentino sarebbe complicato proprio dall'azione dei magistrati: «Aveva già deciso di ritirarsi dalla corsa ma ora, se lo facesse, sembrerebbe una scelta dettata dalle accuse o dall'esigenza di tenersi l'immunità», bisbiglia un autorevole esponente del Pdl.

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