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Tarantini boys, in cella anche Mannarini

L'imprenditore barese Tarantino

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BARI - Dalle notti di divertimenti sfrenati sulla Costa Smeralda agli arresti domiciliari. Dai tappi volanti di champagne Krug alla detenzione forzata nelle proprie residenze. Se la Procura barese stringe i tempi per la conclusione delle indagini sui vari filoni del Barigate (sono in arrivo gli avvisi di conclusione delle indagini), la parabola dei Tarantini boys, dopo i baccanali compiuti in Sardegna nell'estate del 2008 nella raffinata villa di Capriccioli, registra un nuovo provvedimento cautelare per uno degli indagati nell'inchiesta su escort e spaccio di cocaina. Da venerdì è agli arresti domiciliari nella sua masseria fortificata di Fragagnano, in provincia di Taranto, anche Alessandro Mannarini, l'ex amico di Giampi, rampollo di una ricca famiglia di banchieri leccesi, protagonista di un surreale siparietto nella trasmissione «Anno Zero» dove compare chiedendo un lauto onorario al giornalista della redazione di Michele Santoro con la giustificazione zche gli avvocati per il processo costano parecchio»... Il provvedimento di limitazione della libertà del salentino segue in ordine temporale gli arresti di Massimiliano Verdoscia (uno degli animatori dei party) e del presunto pusher Stefano Iacovelli, avvenuti il 7 agosto e dello stesso Giampaolo Tarantini, il 18 settembre. Tra gli arrestati c'è anche un altro presunto pusher, Onofrio Spilotros, mentre è indagato a piede libero Nicola Di Marzo, alias «Nick Fashion», pur avendo raccontato ai magistrati che in un'occasione Mannarini «ritirò una fornitura» per Tarantini dal suo negozio di abbigliamento nel centro murattiano di Bari. Gli inquirenti hanno emanato questi provvedimenti grazie ai riscontri incrociati resi possibili dagli interrogatori a cui sono stati sottoposti gli indagati, dai quali emerge un continuo scaricabarile reciproco. Ecco uno stralcio di un interrogatorio che fotografa le «abitudini» dell'ambiziosa comitiva pugliese. «Mannarini - ha spiegato Massimiliano Verdoscia durante un interrogatorio dell'estate scorsa - si è prestato a trasportare lo stupefacente in Sardegna. Ignoro quali siano stati i quantitativi, anche se presumo si tratti di 50 grammi».   Il «viveur» salentino però nega ogni addebito, specificando che non conosceva cosa trasportasse insieme agli arredi per la villa nelle automobili di Tarantini con le quali viaggiava dalla Puglia alla Costa Smeralda. Poi, sempre Verdoscia, precisò altri particolari: la cocaina era «custodita nella cassaforte che si trovava nella stanza della villa affittata da Giampi, che di volta in volta cedeva delle dosi a me e a Mannarini». Il pm Giuseppe Scelsi gli chiese dove avesse visto la droga e Verdoscia risposte: «L'ho vista con i miei occhi nella cassaforte». Molte sono le incongruenze nelle ricostruzioni: Tarantini sostiene che la droga fosse stata comprata con i fondi di tutti e tre (quindi insieme a Verdoscia e Mannarini), mentre i suoi ex amici replicano che è stato solo l'imprenditore a comprarla e a cederla loro nelle feste sarde. Mentre questa estate l'aspirante «tycoon» barese risultava irreperibile o in vacanza in Austria, Mannarini aveva continuato regolarmente la sua vita.

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