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In settantamila nel nome di Geova

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Un viaggio nel mondo dei Testimoni tra canti preghiere e incontri. Oggi il rito del battesimo

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.Tanti quanti gli spettatori di un derby. Ma, a guardarli bene, non sembrano affatto tifosi. Né è in programma nella Capitale alcuna partita di cartello. Sono i Testimoni di Geova. Nella sola Roma ve ne sono 15 mila, più altri 20 mila simpatizzanti. In tutta Italia contano 240 mila adepti, «fratelli» si chiamano. Nel mondo superano i sette milioni. Sono organizzati in congregazioni, al cui vertice vi sono gli «anziani». Ciascun testimone ha un territorio di riferimento, un quartiere: bussano porta a porta per trovare nuovi adepti, per portare nelle case la Parola di Dio. Si sono dati appuntamento allo stadio Olimpico per l'annuale Assemblea internazionale, che si concluderà domani e che si svolge in contemporanea e in collegamento via satellite negli stadi di altre tre città italiane: il San Nicola di Bari, il Dall'Ara di Bologna e il Bentegodi di Verona. «Siate vigilanti!» è il tema scelto quest'anno per un'Assemblea che nell'Urbe ha raccolto una moltitudine di settantamila delegati provenienti da 16 nazioni diverse. Basato sull'espressione di Gesù Cristo, riportata nel vangelo di Marco 13:35, ha grande rilevanza per i testimoni di Geova: per loro significa essere consapevoli della vicinanza di quella che molti chiamano la fine del mondo. Da 130 anni, tramite la Torre di Guardia, loro rivista ufficiale, pubblicata ogni mese in 174 lingue, rendono noto il significato degli avvenimenti mondiali alla luce delle profezie bibliche che ne parlano, e che studiano approfonditamente. Hanno raggiunto la Città eterna con qualsiasi mezzo: seicento pullman organizzati, cinquemila tra macchine e autobus, treni, aerei. Vengono dal Lazio, dalla Campania, dalle Marche, dall'Abruzzo, dall'Umbria, dalla Toscana e dalla Sardegna. Ma tanti - circa undicimila - provengono anche da Australia, Belgio, Inghilterra, Germania, Giappone, Lussemburgo, Svizzera, Stati Uniti, Filippine, Ghana, Nigeria, Sierra Leone, Kenya, Benin e Camerun. Uomini e donne di diversa nazionalità, di qualsiasi ceto sociale, di ogni età. Single, tantissime coppie, mariti e mogli, bambini. Gli uomini indossano tutti la cravatta. Colori pressoché sgarcianti. «È il nostro modo di essere ordinati», spiegano. Ma vale solo per gli occidentali: gli africani indossano abiti tradizionali. Una moltidutine policroma ed eterogenea. Una presenza discreta nella Capitale: l'Olimpico è pieno, ma nelle zone limitrofe nessuno se ne accorge: niente ingorghi né auto e scooter parcheggiati male. Il servizio d'ordine è ridotto all'essenziale: addetti agli ingressi, poche auto dei vigili urbani. Preghiere, canti, assemblee, simposi nel programma dell'Assemblea. E stamattina il tradizionale rito del battesimo con l'immersione di trecento nuovi testimoni in due apposite piscine prefabbricate posto sotto la Curva Sud. Per tutta la giornata di ieri hanno ascoltato, consultando la loro copia della Bibbia prendendo appunti, il discorso chiave dal tema «Geova ci aiuta a essere vigilanti». Nel pomeriggio una serie di interventi ha dato rilevanza all'essere consapevoli della vicinanza di quella che molti chiamano la fine del mondo, che dal punto di vista dei testimoni di Geova è il felice inizio di una nuova era per la terra e per l'umanità. Particolare attenzione, quest'anno, è stata data a temi di stringente attualità: la famiglie, la sicurezza, il sociale. Domattina il discorso pubblico intitolato «Come potete sopravvivere alla fine del mondo?» metterà a confronto le idee più diffuse sull'Apocalisse con la descrizione che ne fanno le Sacre Scritture. Il discorso richiamerà l'attenzione sulle istruzioni che la Bibbia fornisce per essere fra i «superstiti». Un momento speciale nel pomeriggio di domani sarà la presentazione del dramma moderno «Tuo fratello era morto ed è tornato alla vita», basato sulla parabola di Gesù del figliol prodigo.

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