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Ferie e sacrifici per non saltare l'appuntamento

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Nonè una partita di campionato, né un concerto rock. Lo si capisce dal silenzio e dalla compostezza dei partecipanti. Eppure erano più di 50 mila i Testimoni di Geova, provenienti dal centro Italia e da nazioni di tutto il mondo, che ieri si sono dati appuntamento nella capitale per l'assemblea internazionale, la più grande delle quattro organizzate contemporaneamente. Una tre giorni, con un fitto programma dalla mattina al tardo pomeriggio, a cui nessun adepto vuole mancare. Il pubblico fuori e dentro lo stadio racchiude intere generazioni: dalle famiglie con piccoli al seguito, ai ragazzi di ogni età, agli anziani e ai disabili, a cui sono state riservate diverse postazioni. Tutti insieme, rigorosamente ben vestiti, le donne curate e gli uomini in cravatta. Non è un obbligo, ma un modo per ringraziare e portare rispetto al capo di tutto, Geova appunto. Fratelli e sorelle, come si chiamano fra loro, animati da uno spirito di condivisione e rinascita perché, come racconta Tommaso, «nonostante sia cresciuto in una famiglia di Testimoni di Geova ho avuto un momento della mia vita in cui mi ero perso poi a 25 anni ho ritrovato la via». Sposato con due bambine piccole, è arrivato da Napoli con la famiglia e a sue spese resterà fino a domenica. «È un sacrificio per chi come me fa l'impiegato in una piccola azienda – continua Tommaso – ma si può risparmiare su una cena fuori, non certo su questo». Le sue figlie, ancora troppo piccole per capire, giocano con gli altri bambini «perché qui siamo tutti una grande famiglia», aggiunge il papà. C'è invece chi come Pietro, magazziniere in una ditta di cucine, per partecipare al raduno ha dovuto chiedere le ferie: «Vengo da Roseto degli Abruzzi e mi sono dovuto prendere metà giornata giovedì e il venerdì intero, ma non si possono mancare occasioni di incontro come queste». Pietro, inizialmente cattolico ma non praticante, deluso da una serie di vicissitudini, ha accolto il messaggio dei fratelli che avevano suonato al suo campanello e ha abbracciato la fede. «Ho conosciuto mia moglie in una sala (i loro raduni settimanali, ndr), ed ora sono finalmente felice», ammette senza riserve. Anche Rossana, ora pensionata, si è convertita ai Testimoni grazie al passaggio casa per casa. «La sofferenza di essere stata una ragazza madre mi ha spinto 26 anni fa a cercare altrove un sostegno morale e ora posso dire di averlo trovato». Oggi vive con sua figlia e suo genero, anche loro seduti in prima fila all'Olimpico. Sono i ragazzi, nati e cresciuti in famiglie praticanti, coloro che sembrano avere più certezze e determinazione. Come Elena e Michel, 23 anni lei 20 lui, entrambi già battezzati o Serena e Tommaso, 30 anni ciascuno, insieme da 12. Lei partorirà tra due settimane, ma nonostante la gravidanza e il caldo sono arrivati di buon mattino e con la loro sdraio si sono sistemati all'ombra degli spalti. Serena fa la ragioniera in un ufficio di commercialisti, mentre Tommaso è operaio in fabbrica. Anche loro si sono conosciuti in sala dove lui è tornato dopo un periodo di «vacatio». «Educheremo la nostra bambina come i nostri genitori hanno fatto con noi, sarà poi lei a scegliere il proprio cammino».

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