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(...) ed il più alto Colle della Repubblica accusato di lasciargliele commettere.

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Visi prevede di limitarla solo ai casi previsti dalla legge, ovvero di irrevocabile condanna, e non di poterla di fatto estendere ad ogni altro caso ipotizzabile per l'efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione. Al presidente della Corte viene anche riconosciuto un ruolo preminente rispetto alle sezioni regionali, tenute a conformarsi alle pronunce di orientamento adottate dalle sezioni riunite. La deduzione, ha scritto Liana Milella su La Repubblica, è stata esplicita: in questo modo a Berlusconi, penalmente non perseguibile, nessuno potrà più chiedere un forte risarcimento per aver danneggiato con la sua vita privata (non sempre da santo) l'immagine dello Stato. Si è parlato anche stavolta di normativa «ad personam»; la magistratura associata ha nobilmente sentenziato di vedere così minacciata la propria autonomia e indipendenza. A prima vista questo tipo di considerazioni sembra fatto apposta per far ritenere sacrosanto il lodo Bernardo, proprio perché correttivo di usi e abusi riconducibili ad una ideologia della magistratura contabile come potere diffuso nella società, nelle autonomie, nelle vite private. Né può ravvisarsi in questo, rispetto alla storia della Corte, alcuna volontà di spostarne l'asse gravitazionale dal Parlamento all'esecutivo, come avvenne nel periodo fascista. Ed è di dubbio buon gusto ritenere che le attribuzioni del presidente Lazzaro siano diventate più vicine a quelle del direttore di un'agenzia del governo che a quelle del presidente di una magistratura che agisce collegialmente. Soprattutto sul versante delle autonomie territoriali, la Corte da qualche tempo è parsa atteggiarsi secondo un modello diverso da quello delineato nella legge 131 del 2003. Di quel modello si ha pieno diritto di proporre una modifica, ma non una interpretazione capricciosa e tendenziosa. Se poi quel che non va è che il presidente dell'Istituto sia definito «organo di governo», senza inchinarsi alla retorica ed all'ipocrisia dell'«autogoverno», si ha il dovere di dirlo. Anche perché significherebbe scaricare sulla Corte dei Conti problemi di organizzazione della giurisdizione nel modo peggiore: ossia avendo nella mente e nel cuore il cattivo esempio del CSM. Luigi Compagna

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