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Crisi dello zucchero Stanziati nuovi fondi

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Dal 2010 un aiuto di 5 milioni di euro al settore Eliminati i vincoli di coltivazione. Esulta la filiera

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Lacrisi che da diversi anni interessa quest'ambito dell'agricoltura nazionale, inizia la ripresa grazie all'intervento del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia. Tutta la filiera ha infatti espresso apprezzamento al ministro che è riuscito ad inserire, all'interno della misura dell'articolo 68 dell'Health check Pac (politica agricola comune), uno stanziamento a favore del settore dello zucchero che dal 2010 passerà progressivamente da 15,7 a 20,7 milioni di euro. L'anticipazione della riforma dell'Ocm (Organizzazione comune di mercato) della Ue al 2005 (laddove si prevedeva come termine ultimo il 30 giugno 2006), aveva lasciato l'amaro in bocca ai produttori italiani di zucchero tanto da portare, nel 2006, alla chiusura di 13 zuccherifici su 19 e a coltivare 100mila ettari di terreno in meno rispetto al 245mila dell'anno precedente. Inevitabile dopo la decisione della Ue di allineare il prezzo dello zucchero con quello mondiale, riducendo le sovvenzioni all'export. Una decisione cui si erano opposte, oltre all'Italia, anche Spagna, Portogallo, Grecia, Polonia, Irlanda, Finlandia, Austria e Belgio. Fu l'attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno, all'epoca ministro delle Politiche agricole, a presentare a Bruxelles un documento condiviso da tutta la filiera per avviare un negoziato. Secondo Franz Fischler, nel 2004 commissario europeo all'Agricoltura, la crisi della produzione industriale si sarebbe protratta ben oltre il 2010 tanto da prevedere in Europa la perdita di 15mila posti di lavoro (il 75% del totale). E così è stato. La riforma ha dato un brutto colpo alla produzione italiana, fino al 2005 quinto produttore eurpeo di zucchero, capace di soddisfare poco meno del 6% della produzione europea. Nel biennio 2006-2007 infatti, le imprese sono state costrette a produrre solo il 30% dello zucchero trasformato nella campagna precedente con l'aggravio di un taglio del 10% della quota di produzione. Per capire quanto certe decisioni abbiano pesato sulla produzione nazionale nell'ultimo anno è suffciente considerare i dati di produzione e consumo dello zucchero in Italia. Nel nostro Paese infatti 90mila ettari di superficie sono coltivati a barbabietola e ogni anno, per ettaro, si produco 60 tonnellate di zucchero. La trasformazione industriale dei sei stabilimenti «sopravvissuti» alla riforma, è di 780mila tonnellate per un valore di un miliardo di euro. In più agli italiani la vita piace «dolce» visto che nel corso dell'ultimo anno hanno consumato 56mila chili di zucchero. Insomma, la richiesta è tanta e se, come si prevedeva con la vecchia Ocm, le quote avessero continuato a calare, sarebbero cresciute le esportazioni e la produzione si sarebbe praticamente dimezzata. Invece l'articolo 68 del Pac ha abolito l'obbligo per i produttori di lasciare incolto il 10% del proprio terreno e dato la possibilità, concretizzatasi nella decisione del ministro Zaia, di destinare il 10% del plafond nazionale non più soltanto al settore da cui vengono prelevati, ma anche per «soccorrere» altri tipi di produzione. Decisione che potrebbe soddisfare anche gli agricoltori del sud fino ad ora contrari all'introduzione dell'art. 68 come denunciato nel giugno scorso dalla Cei-Confederazione italiana agricoltori d'Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna che lo ritenevano «antimeridionale». Soddisfazione che potrebbe finalmente concretizzarsi nella riunione del Comitato interministeriale per il settore bieticolo-saccarifero che doveva tenersi il 15 luglio ma che è stata rimandata a data da destinarsi, in cui Governo e Regioni potranno dare indicazioni precise sulle richieste degli aiuti nazionali e definire lo stato di attuazione dei progetti di riconversione degli zuccherifici dismessi. Quello del ministro Zaia è il primo vero tentativo di risollevare un settore in crisi ormai da più di 10 anni.

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