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Mafia e sanità, un'ombra dietro il "caso Marcelletti"

Carlo Marcelletti

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Settanduemila euro e 23 centesimi. Questo, nel nostro Paese, è il prezzo della vita e dell'opera di quello che - al passato, purtroppo - è stato uno dei massimi cardiochirurghi al mondo: Carlo Marcelletti. Si chiama "sequestro equivalente" la misura chiesta a marzo dai pm. Alla resa dei conti è questa la cifra, in via presuntiva, che il luminare con la sua partecipazione alla "condotta criminosa", per la parte avuta come responsabile della cardiochirurgia pediatrica, avrebbe sottratto al Civico di Palermo.   Si tratta della somma più bassa tra quelle addebitate a medici e imprenditori coinvolti nello scandalo. È questa - la totale discrepanza tra l'enorme eco mediatica e la quantificazione risibile del (presunto) male - la prima anomalia del "caso Marcelletti". Per poche decine di migliaia di euro abbiamo perso un genio, l'inventore della cardiochirurgia pediatrica in Italia, colui che ha operato e salvato migliaia di bambini. Le accuse che, è bene precisare, doverosamente i magistrati dovevano approfondire, per quanto lo riguardano non saranno mai vagliate in un dibattimento pubblico. Perché Marcelletti è morto a Roma il 6 maggio 2009, a un anno esatto dal suo arresto, all'ospedale San Carlo di Nancy. Infarto. Si è ucciso con la "digitale", un farmaco cardiotonico ma che può essere anche un potente veleno. Forse. La procura di Roma ha aperto un procedimento per istigazione al suicidio. Routine. Il cardiochirurgo italiano più famoso nel mondo, diventato primario a 32 anni, fu arrestato il 6 maggio 2008. Con il massimo clamore possibile. Peculato, concussione e pedopornografia, le accuse della prima ondata (a marzo si sono aggiunte la corruzione, il falso, la truffa ai danni dello Stato). Gli arresti domiciliari decisi dal gip (i pm volevano il carcere vero) scattano per la concussione e la pedopornografia. È accusato di aver estorto denaro ai familiari dei piccoli pazienti, prefigurando una "corsia preferenziale" se pagavano, di aver distratto fondi dalla onlus da lui voluta "Abc" (associazione bambini cardiopatici). È indicato come un complice delle due società - Emolife e Med Line srl - che in cambio di tangenti e favori avrebbero ottenuto appalti e fatturato forniture inesistenti. E poi l'onta più infamante: ha scambiato dal 19 luglio al 15 agosto sms e mms erotici con la figlia tredicenne di una donna con cui aveva una relazione. «Un grave errore» ha ammesso lui davanti ai magistrati, poi davanti alla moglie e ai figli. «Un episodio sporadico nella storia di un uomo che ha dedicato la vita ai bambini» dice a mezza bocca quando, l'11 novembre 2008, il Tribunale del riesame annulla i domiciliari. Un rapporto comunque "puramente virtuale", è stato accertato in tutti i modi. E anche forse il lato più oscuro. Perché, almeno per la parte dell'inchiesta resa nota all'opinione pubblica, resta un fantasma la donna che non ha esitato a spingere la figlia tra le braccia del suo amante. E perché non si sa bene chi fosse dall'altra parte del telefonino. Cinque gli mms ricevuti da Marcelletti e cancellati pochi giorni dopo, con immagini di un corpo femminile nudo che però, secondo una delle rarissime esternazioni pubbliche dei quattro avvocati del professore, tutti palermitani, «non si capisce se sia di una donna o di una "bambina"». Il cardiochirurgo invece ha sempre respinto l'accusa di aver chiesto denaro per sottoporre i suoi piccoli pazienti a interventi più che complessi (trapianti, operazioni a cuore aperto, eccetera), e di aver utilizzato per lui i soldi della onlus.   Ecco, la seconda anomalia è la distanza siderale tra la portata - devastante - delle accuse e l'esperienza quotidiana di chi lo ha conosciuto bene, delle migliaia di famiglie (sono oltre 10 mila i bambini operati da Marcelletti) che hanno avuto a che fare con lui per decenni. Anche nella fase più calda del caso, anche tra chi ha subito la perdita tragica di un figlio non si è trovato uno disposto a sputare veleno sul professore. Non è morto ricco. Gli amici, pochi, conoscono l'abitazione a Vigna Clara a Roma e il casale a Calvi dell'Umbria; vacanze tra l'Umbria e Lampedusa. Tutto qui. Per uno che avrebbe potuto ricoprirsi d'oro, il terzo-quarto cardiochirurgo nel mondo, non è un granché. La signora Roberta, la moglie, la compagna di una vita nonostante le turbolenze sentimentali del professore, per ora ha scelto il silenzio. Ma le persone più vicine alla famiglia hanno un'idea precisa. «Carlo è stato tolto di mezzo, lo hanno "impacchettato". È finito in una trappola» sono convinti. «Dava l'idea di essere molto forte ma aveva grandi fragilità», aggiungono. Tra le sue fragilità, il gusto della ribalta, le belle donne certo, e si fidava troppo. «Prima l'hanno usato. Si ha idea del valore aggiunto, dei finanziamenti che ha attirato il Dipartimento di cardiochirurgia che lui ha creato nel 2000 a Palermo?» si chiedono. «Poi è stato eliminato perché ormai dava fastidio». Gli amici di famiglia indicano anche un inizio della guerra. Un'intervista rilasciata a Donnamoderna del 17 ottobre 2007 in cui, con il suo modo irruente, sparava sugli «ospedali siciliani in mano alla mafia». La terza e più grave anomalia sta qui. Nei veleni di Palermo, nel "non detto" e nelle incongruenze che prendono forma dalle pieghe dell'inchiesta. Tra teste di capretto mozzate, simbologie mafiose, imprenditori "molto addentro agli affari del Civico" che diventano "gole profonde" ma dalle verità cangianti, l'idea della trappola, al di là delle rilevanze giudiziarie, forse ha un suo posto nel "caso Marcelletti". A Palermo nulla è ciò che appare. E la storia del "caso Marcelletti" potrebbe avere una doppia verità. C'è un'altra faccia dell'inchiesta giudiziaria che si dipana tra teste di capretto mozzate, intimidazioni mafiose. Un intreccio di ricatti, invidia, e possibili rivalità economiche nel gioco dei succulenti appalti nell'Ospedale civico e Benfratelli del capoluogo siciliano. Com'è cominciato il tutto? Come viene spiegata nella vulgata dei giornali l'origine dell'inchiesta, quando la notizia di Carlo Martelletti appesa a titoli tipo «accusato di pedopornografia», «estorceva denaro alle famiglie dei piccoli malati» fa il giro del mondo? Tra brani di intercettazioni telefoniche tranquillamente divulgati e la presunzione di innocenza buttata nel cestino, Repubblica la racconta così. C'è una "gola profonda", un imprenditore molto addentro negli appalti del Civico che sta parlando. Le indagini sono partite in modo del tutto casuale. Una testa di capretto messa sul sedile nell'auto della sorella dell'imprenditore, i due sono in lite per una modesta questione di eredità (una casa), la donna sporge denuncia contro ignoti. Non è proprio un fatto eclatante, soprattutto da quelle parti. Eppure, partono le intercettazioni. Nelle indagini di polizia e guardia di finanza dall'ascolto sul telefonino dell'uomo saltano fuori le "storie di sesso" di Marcelletti ma anche gli affari, appalti ottenuti in cambio di favori e soldi ai medici. Eppure, in questa storia, potrebbe esserci un altro suggeritore. L'imprenditore si palesa con nome e cognome, Giuseppe Castorina, titolare della Med Line (apparecchiature e forniture varie), quando viene arrestato. Ben 10 mesi dopo la deflagrazione del caso, il 31 marzo 2009, per corruzione, falso, turbativa d'asta, truffa nei confronti della Asl. Con le stesse accuse finisce agli arresti domiciliari Anna Claudia Leonardi, legale rappresentante dell'altra società, la Emolife (fornisce il delicato servizio della "perfusione" negli interventi operatori). Ai domiciliari anche il cardiologo Adriano Cipriani (peculato, corruzione, truffa), il vice di Marcelletti, che per le famiglie e i piccoli fino a quel momento ha garantito la continuità a Cardiochirurgia pediatrica. Ora il gioiello creato dal professore può dirsi azzerato. Giuseppe Castorina 24 ore prima delle manette si era rivolto a Repubblica per rilasciare un'intervista che finisce nelle pagine locali. E che però è interessante. Questa è l'altra verità che racconta. "Gola profonda", colui che ha dato il là all'inchiesta, in realtà giura di non essere mai stato interrogato: «Mai, proprio mai». Dice che le forniture avvenivano regolarmente al Civico e «non c'è mai stato nulla di illegale, ma poi sono accaduti certi fatti e Marcelletti ma anche la dottoressa Leonardi sono caduti in una trappola». Quale trappola? Non lo spiega ma fa il nome di un tecnico della Emolife «venuto a Palermo con Marcelletti». Era lui «a fare gli acquisti e li imponeva, sia al cardiochirurgo che alla Emolife». La Leonardi, la titolare della società, «cercò di prendere le distanze ma lui la ricattava, anche il professor Marcelletti sarebbe stato ricattato e costretto a cedere a certe situazioni». L'imprenditore è una figura centrale: è lui ad aver fatto incontrare al professore la madre della tredicenne con la quale il cardiochirurgo per un breve periodo scambia messaggi erotici che varranno a Marcelletti l'accusa più distruttiva, pedopornografia. Giuseppe Castorina aggiunge anche che la titolare della Emolife arriva a far pedinare il dipendente-ricattatore (in cassaforte la donna conserva dei cd con conversazioni registrate) e poi lo allontana definitivamente quando scopre che collabora anche con un'azienda rivale. Alla domanda «perché non si rivolge ai pm?», risponde: «Ho paura, mi consigliano di star zitto, ma io da questa storia esco distrutto, non lavoro più…». Dal giorno dopo ha probabilmente qualche motivo di preoccupazione in più. Per la sua vita. Il suo desiderio di essere ascoltato viene esaudito. Per lui viene usata la misura più dura: chiuso in isolamento all'Ucciardone, il carcere ad alta densità mafiosa. Il suo racconto a Repubblica è il classico depistaggio di un uomo con l'acqua alla gola? Può darsi, anzi più che possibile. Ma alcune domande s'impongono d'obbligo. Davvero, e perché, quello che viene indicato come il "pilastro" dell'indagine viene interrogato solo dieci mesi dopo l'arresto shock di Marcelletti? Perché il 31 marzo scattano le tre nuove ordinanze cautelari e le nuove accuse al professore, anche se non ci sono elementi nuovi particolarmente eclatanti? Certo, ci sono i riscontri alle ammissioni fatte da Marcelletti ma che sono state rese comunque a maggio e che ridimensionano molto la (presunta) truffa, come ha sancito anche il Tribunale del riesame. E che cos'è questa storia dei "ricatti" e della "trappola"? Pur nella doverosa azione della magistratura per accertare le responsabilità penali personali di chicchessia, fosse pure un mago della medicina, si è tenuto conto di quanto sulla montagna di fango gettata addosso a Carlo Marcelletti abbiano pesato le invidie professionali? E quanto anche le rivalità economiche, dato che con lo scandalo l'appalto della perfusione al Civico dalla Emolife è passato di mano ad un'altra azienda, mentre la Med Line è fallita? Un risentimento personale o altro sul piano professionale possono avere innescato ma anche distorto le indagini? Al nome indicato da Castorina corrisponde effettivamente quello di un "perfusionista", collaboratore di Marcelletti a Palermo fin dal 2000, e che da due anni non ha fatto più parte dello staff della Emolife. Finora in questa vicenda ha pagato con la vita Carlo Marcelletti. È doveroso capire perché: glielo dobbiamo per tutto quello che ha fatto - compresi gli errori - per migliaia di bambini e di genitori.

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