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Scontri all'università: "Qui non lo vogliamo"

Gli studenti della Sapienza in attesa dell'arrivo del leader libico Muammar Gheddafi

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Vernice rossa, scritte in arabo e in italiano, piccoli gommoni e immagini di «San Papier», il santo protettore dei migranti. Fischi, urla e cori di protesta: «Gheddafi, Berlusconi e Frati: l'Onda vi respinge!». Gli universitari l'avevano annunciato appena la notizia della visita del «Rais» all'ateneo era stata resa nota: «Come studenti della Sapienza in Onda riteniamo inopportuna la visita del Colonnello. L'università non è una vetrina per il rettore Frati e i suoi baroni, né per il governo e i suoi accordi criminali sull'immigrazione». Puntuali, ieri alle 10,30, si sono riuniti vicino alla statua della Minerva per ribadire il loro no al «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la grande Giamahiria araba libica popolare socialista», in particolare a quell'articolo 19 «che mette sullo stesso piano la lotta al terrorismo e al traffico di sostanze stupefacenti con l'immigrazione clandestina». Erano un centinaio tra studenti e militanti di Action, immigrati e «san papiers» (senza permesso di soggiorno). Hanno fatto sentire la loro voce quasi senza sosta per quattro ore: il leader libico, atteso per mezzogiorno e mezzo, ha ritardato il suo arrivo di quasi due ore. Nel frattempo a controllare la situazione c'erano le forze dell'ordine dispiegate in assetto antisommossa. Carabinieri, poliziotti e finanzieri hanno blindato la città universitaria. Sorvegliati gli ingressi, con agenti impegnati nel controllo dei documenti; posizionati reparti mobili su piazzale Aldo Moro; transennate le vie interne suddivise in tre grossi tronconi; sgomberato il percorso centrale per far spazio al corteo dei diplomatici libici che ha preceduto quello delle limousine bianche con Gheddafi e la sua scorta. Tra fumogeni rosa, cori e qualche insulto, la manifestazione si è trasformata in scontro alle 13.40, quando hanno fatto il loro ingresso una decina di auto blu e l'elicottero ha iniziato a sorvolare l'area. Pronta è montata la protesta: tra urla e fischi, al grido di «vergogna assassini», gli studenti hanno scagliato uova, fumogeni verdi e vernice rossa contro i Carabinieri. Immediata la risposta dei militari con una carica di alleggerimento, mentre i manifestanti si difendevano dietro dei piccoli gommoni, simbolo dei viaggi della speranza dei popoli migranti. Dopo dieci minuti di silenzio, riecco le urla e gli slogan di protesta. Con l'arrivo del corteo presidenziale rimonta la contestazione, spentasi pochi minuti dopo l'ingresso di Gheddafi nel Rettorato. Parole di condanna, le sue, verso l'esperienza colonialista dell'Italia in Libia e verso ogni forma di terrorismo. Ma anche in difesa della causa palestinese: «È un popolo disperso e disarmato — ha detto — cui sono stati sottratti terreni e villaggi». A una studentessa che voleva fare una domanda a nome dei manifestanti, però, è stato impedito di parlare, mentre il rettore Luigi Frati ha assicurato: «Alla Sapienza non c'è inquisizione e non c'è censura: garantiamo a ciascuno la possibilità di parlare in modo civile, di esprimere le proprie idee, ancorchè dissonanti». Fuori, nel frattempo, l'Onda che si era prefissa di respingere il leader libico si stava ritirando. Ripresi i cartelli e arrotolati gli striscioni di protesta, studenti e san papiers lasciavano per terra segni di vernice rossa e sui muri scritte di protesta. A Lettere è già pronta l'aula per l'assemblea.

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