La vera lussuria è contare su una bocca sempre fresca
inuna parola, «donna». Forse perché erano le sigarette preferite di una zia, quella single e ribelle, mi sembravano l'espressione di uno status symbol, più della borsa a bauletto con la doppia «G» tanto di moda all'epoca, più dei pantaloni fiorati a zampa d'elefante, più degli occhiali da sole, veri «fanali» con le lenti azzurre, più del caftano, più degli stivali di plastica lucida rossi o bianchi... Insomma, quel pacchetto bianco con la scritta su fondo blu con riga rossa, era l'oggetto che avrei messo in mostra durante le assemblee scolastiche, nelle lunghe ore di studio con le amiche, nella scampagnata del 1° maggio, dal parrucchiere o in spiaggia. Finalmente quel sogno poteva avverarsi negli anni del liceo, perché anche se in un'istituto di suore, tutte o quasi, cominciavano a chiudersi nei bagni per provare la prima sigaretta, magari al mentolo per lasciare meno tracce. Lo feci anch'io, con grande ansia e un risultato deludente: tralasciando il colpo di tosse, non mi restò niente, nessun sapore, nessun calore, nessun piacere. Meglio una bella Brooklyn, gustolungo, l'indimenticabile gomma del ponte, che una sigaretta! Al primo tentativo finito così «razionalmente» ne seguì un altro quando, giovin signora, mi serviva darmi un tono durante le cene con altre coppie, o quando facevo colazione al bar con le amiche o dopo il caffè negli incontri di lavoro. Peraltro, nell'immaginario collettivo degli anni '80 da bere, la fumatrice era considerata una donna calda, inquieta, viziosa (in senso buono), quasi che il fumo servisse a contenere la sua esuberante sensualità, rendendola intrigante e maliziosa agli occhi degli uomini... «Zeru piacere» anche al secondo tentativo. Allora, il cambio di filosofia: non sarò mai una fumatrice. Meglio una caramella perché la vera lussuria è non fumare, non avere bisogno della sigaretta per scaricare la tensione, per ingannare i vuoti o concentrarsi, per essere diversa e non avere sugli abiti o nei capelli l'odore del fumo, per avere una bocca sempre fresca, per non essere schiava. E sì, perché ne conosco di donne incapaci di addormentarsi senza avere sul comodino almeno una sigaretta da fumare appena aprono gli occhi l'indomani, innervosirsi perché una legge «benedetta» impedisce di fumare al cinema o in pizzeria, incapaci di dire basta anche durante la gravidanza malgrado le raccomandazioni del ginecologo e contro ogni buon senso... Senza parlare degli uomini, capaci di fumare con in braccio il pupo di tre mesi o nel bagno di un ospedale dove sono ricoverati per un infarto, o che tentano con cerottini, microchip o bastoncini di amarissima liquerizia di tradire le «bionde» e, unico caso, non ci riescono... È chiaro, la sigaretta è qualcosa di effimero ed inutile e io sono contenta di non averne avuto mai bisogno e di non aver realizzato il mio sogno infantile.