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Ma avrebbe davvero potuto farlo? Probabilmente no, perché il rapporto con il Ppe del Pdl è ben diverso da quello del Pse per il Pd: quella fra margheritini e pidiessini è coabitazione tuttora difficilissima.

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C'èpoi un altro argomento di riflessione, meno politico e più istituzionale. Nel 1979 per la prima volta l'europarlamento fu eletto a suffragio universale: ma tramite leggi elettorali adottate dai singoli stati nazionali e senza che nell'arco di questi 30 anni al suo fianco si sia visto eurogoverno. O meglio, anzi peggio, l'eurogoverno è andato raccordandosi più ai parlamenti nazionali che a quello europeo. Di qui il dubbio di Angelo Panebianco: «Non sarebbe il caso di tornare alla designazione dei parlamentari europei da parte dei parlamenti nazionali?». In fondo, le funzioni che il parlamento europeo oggi svolge non esigerebbero ventisette campagne elettorali: tante quanti sono i paesi europei e fatalmente tutte incentrate su questioni di politica interna. Assemblee parlamentari come quella Nato, oggi importantissime, si compongono su designazione dei parlamenti nazionali e nessuno osa sminuirne la rappresentatività. Probabilmente, al dubbio di Panebianco deve opporsi quel che è accaduto in Italia. L'elezione a suffragio universale conteneva anche un significato simbolico: un modo per potersi sentire, sia pure ogni cinque anni, «popolo d'Europa». Abdicarvi avrebbe voluto dire accantonare identità e aspettative di storia nazionale ed europea lungo le quali si svolge poi concretamente il percorso politico dei partiti; c'è chi è riuscito a diventare europartito e c'è chi non ci è riuscito ancora. Le elezioni del 6 e 7 giugno sono elezioni dalle quali non scaturirà nessun governo, nessun mandato costituente, solo una verifica dei rapporti di forza fra i partiti, non estranea alla loro credibilità in Europa. Il principio dell'elezione popolare, per esempio, andrebbe in un prossimo futuro applicato per il Presidente della Commissione Europea. L'ostinazione e la coerenza con la quale Berlusconi si è ancorato al Ppe non sono state, comunque, dettate dalle circostanze. L'europeismo è sempre stata capacità di pensare in prospettiva, senza farsi condizionare, o peggio ricattare, dalle scadenze. A partiti nazionali che siano al tempo stesso aggregazioni di politica europea Berlusconi ha sempre pensato: il Pdl nasce da un'intuizione del genere. Non è irrilevante, in vista della indicazione del successore di Barroso. Mentre la stagione prodiana, invece, sembra lontanissima: in Europa, in Italia, fra gli stessi democratici. Luigi Compagna

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