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...delle costruzioni politiche.

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Perquanto il rapporto tra gli intellettuali e la politica sia quasi sempre stato problematico, a nessuno è mai saltato in mente di immaginarlo permanentemente conflittuale. Non sarà il Pdl ad inaugurare la stagione di una contrapposizione della quale non si avverte il bisogno, per quanto taluni intellettuali, ad essere onesti, talvolta ritengono di isolarsi in una sorta di torre d'avorio dalla quale sporadicamente fuoriescono soltanto per censurare, bacchettare, puntare l'indice accusatore nei confronti di quanti si «sporcano» le mani con la grezza materia della politica. Tramontata da tempo (per fortuna) la figura dell'intellettuale organico, quello che legittimava sempre e comunque le scelte del partito-principe (gramscianamente inteso), si riafferma, per fortuna di tutti, quella dell'intellettuale libero il cui compito non è di essere «avanguardia della rivoluzione», ma realisticamente esegeta delle convulsioni che scuotono il nostro tempo. E, insieme, suscitatore di proposte che dovrebbero trovare nel politico il «traduttore» di analisi concernenti l'espansione dei fenomeni collettivi i quali, comunque li si voglia giudicare, hanno indiscutibilmente una valenza culturale. Nel recente passato abbiamo visto all'opera un Antony Giddens formulare il percorso del New Labour di Tony Blair; un Paul Kirchhoff indirizzare il nuovo corso di Angela Merkel; i conservatori classici, capeggiati da Russell Kirk, «inventare» il reganismo; i neo-conservatori ispirare le politiche (non sempre acriticamente accettate da tutti gli ideologi di riferimento) di George W. Bush. E come dimenticare che i più rappresentativi leader politici italiani del Ventesimo secolo, nessuno escluso, erano innanzitutto intellettuali di prima grandezza? Il Pdl dovrebbe affrontare il rapporto con il mondo della cultura in maniera aperta, limpida, spregiudicata. Se ne gioverebbe nel dispiegare il suo programma e nel fondare una nuova critica della ragion pratica politica la quale, priva di idee forti, è destinata alla marginalizzazione. Immaginare una contrapposizione netta tra due mondi, peraltro, non sarebbe neppure produttivo in vista dell'inevitabile antagonismo con altri soggetti i quali, come l'esperienza del Pd dimostra, devono alla povertà di elaborazione culturale la loro precoce decadenza. Semmai c'è stato un tempo in cui si è avuto bisogno della «forza delle idee senza parole», come diceva Spengler, questo è il nostro, segnato da una crisi profonda che s'innerverà nelle coscienze oltre che nell'esistenza ordinaria. Il riconoscimento di una «nuova alleanza» tra politici ed intellettuali non potrà che favorire un movimento come il Pdl che si propone di superare gli schematismi ideologici «incapacitanti» per definizione ed aprirsi alle conquiste che la complessità della «società liquida» propone. Gennaro Malgieri

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