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Italiani "cacciati" da scuola

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È emergenza stranieri nelle scuole italiane. L'allarme è partito da Roma. Precisamente dall'istituto Carlo Pisacane, divenuto emblema di un fenomeno che rischia sempre più di trasformare le scuole in veri e propri «ghetti». Basta citare alcuni numeri: su 180 alunni che frequentano la Pisacane, 165 sono stranieri. E i dati delle ultime iscrizioni confermano questa tendenza: solo tre bimbi italiani su 21 frequenteranno la prima elementare. Una situazione che si replica in tutti i Municipi capitolini. Laddove vive una comunità straniera, la scuola del quartiere inizia a «svuotarsi» di alunni italiani e ad essere frequentata in modo prevalente, anzi quasi esclusivo, da bambini extracomunitari. Un danno enorme per l'integrazione sociale e culturale da una parte, e una forma di «dicriminazione» al contrario che inizia a prevalere in alcune zone della Capitale, dall'altra. Cinesi all'Esquilino, Filippini ai Parioli, indiani al Prenestino. Capita così che nei presepi ci siano i minareti e, come si sperimentò per qualche mese, nelle mense si mangi couscous invece di pasta al pomodoro. L'integrazione, insomma, sembra compiersi al contrario, creando non pochi problemi sia agli alunni italiani (nelle scuole medie gli alunni italiani che provengono da scuole ad alta frequenza di extracomunitari hanno risultati di apprendimento inferiori agli altri), sia agli alunni stranieri. Sempre nella scuola emblema di un fenomeno che riguarda tutte le città italiane, una mamma cinese ha deciso di portare via la figlia: «Ho fatto e faccio tanti sacrifici per vivere qui e voglio che mia figlia impari l'italiano, si crei amicizie italiane ed abbia un futuro in questa città dove non si debba sentire sempre e solo una straniera». Un fenomeno, quello delle «scuole ghetto» al quale il ministro Gelmini ha risposto dettando delle linee guida in cui si «suggerisce», soprattutto per le prime classi, dei «piccoli gruppi di inserimento», vale a dire aule composte da cinque, sei alunni stranieri e prevedendo anche delle sezioni «ponte» con programmi specifici per l'apprendimento dell'italiano. Linee guida che lasciano però all'autonomia scolastica, e dunque alla discrezionalità dei singoli soggetti, la loro applicazione. Un esperimento riuscito a Bolzano e a Vicenza, dove grazie all'accordo tra istituzioni locali e direttori scolastici regionali, si sono stabilite delle «quote» ben precise: la provincia autonoma di Bolzano ha fissato il numero degli alunni stranieri per classe al 30%, mentre il sindaco di Vicenza, del Partito democratico, ha stabilito il «tetto» massimo di tre alunni stranieri per classe. Una quota che non è stato possibile fissare nella Capitale, nonostante un accordo di rete siglato proprio per l'istituto Pisacane, nel quale l'assessore capitolino, il direttore scolastico regionale, gli esponenti del Municipio e la dirigenza scolastica si impegnavano a «distribuire» le iscrizioni in tutte le scuole del territorio. Il Campidoglio si era anche offerto di garantire il servizio di scuolabus per i bambini che avessero accettato di trasferirsi in un'altra scuola. Non è bastato. L'accordo non è riuscito, forse per i tempi troppo stretti o per un'autonomia scolastica probabilmente male interpretata. Il «caso Pisacane» è comunque già finito alla commissione Cultura della Camera dei Deputati su richiesta del deputato Pdl, Fabio Rampelli, che sta lavorando a una soluzione che scongiuri scuole e quartieri mono-etnici, per garantire pari opportunità a tutti i bambini, non solo a quelli di Bolzano o di Vicenza.

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