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«Per le imprese in difficoltà credito ancora col contagocce»

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«Siamo arrivati all'assurdo per cui ci sono banche come le Popolari che hanno molta liquidità ma sono poco attrezzate per dare credito e istituti che viceversa hanno poca liquidità ma avrebbero la capacità di erogare prestiti». Ma non c'è una circolarità di credito tra le banche? «Sì, questo meccanismo c'era prima della crisi finanziaria. Poi le banche sono diventate diffidenti tra di loro. Non solo. Stanno facendo a gara per strapparsi le imprese più solide e floride e averle come clienti. Ed è a queste che aprono i rubinetti del credito mentre le altre restano all'asciutto». Ma è una cautela comprensibile, o no? «Fino a un certo punto. Il sistema bancario non può penalizzare chi non ha prestazioni eccellenti ma non è nemmeno nel disastro. Bisogna comunque investire su quelle imprese che hanno bisogno di un piccolo aiuto per uscire dall'impasse». Nessuna banca finora ha fatto richiesta per i Tremonti bond. Vuol dire che sono sufficientemente patrimonializzate. Ma allora perchè sono restie nel concedere prestiti alle imprese? «Potrebbe essere anche un problema di immagine, ma forse è una ipotesi fantasiosa. L'Abi dice che non sono mutati i criteri nel fare prestiti. Ma se il credito nel 2008- 2009 non è mutato nella quantità è cambiato nella qualità». In che senso? «Le banche hanno aumentato i prestiti alle imprese con fondamentali di bilancio superlativi e hanno chiuso i rubinetti alle altre. Si nascondono dietro due alibi: i criteri di Basilea che impongono un certo percorso per i prestiti e il fatto che le imprese sono sottocapitalizzate. Ma io allora chiedo: le banche cosa fanno per le imprese?» È la nazionalizzazione? Porterebbe vantaggi alle imprese? «È un'ipotesi non percorribile in Italia. Il sistema bancario non ne ha nessuna necessità». L.D.P.

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