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Dove non sono arrivate Livia Turco e Stefania Prestigiacomo ...

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Una questione storica affrontata con serietà e in modo organico, avanzato, almeno rispetto ai numerosi progetti precedenti. Il disegno di legge ha trovato già molti consensi politici, anche al di fuori della maggioranza. Ma anche numerose organizzazioni sociali e umanitarie si sono dichiarate sostanzialmente favorevoli a una regolamentazione e a un deciso intervento pubblico che preveda punizioni più severe, non solo per chi si prostituisce ma anche per i fruitori del sesso a pagamento (da 5 a 15 giorni di carcere e ammende, da 200 a 3000 euro). Ancora più apprezzate le pene pesantissime previste per la prostituzione minorile. Chi compie atti sessuali con bambini e adolescenti rischia da sei mesi a quattro anni di carcere e una multa di 1500- 6000 euro. Infine, il reato di sfruttamento della prostituzione sarà punito con 6-12 anni di carcere e con multe pesantissime (la pena è aggravata, sino a due terzi in più, se si tratta di baby prostitute). Naturalmente non tutto è stato chiarito nel ddl; gli interrogativi sono quindi ancora molti. Ci sembra però che il progetto Carfagna sia il più innovativo rispetto anche a quello di Livia Turco (che ipotizzava pure cooperative autogestite di lucciole, ipotizzando la figura delle prostitute come soggetto fiscale) ma che non risolveva la questione dell'imbarazzante spettacolo notturno delle donne che si offrono semisvestite sui marciapiedi delle piccole e grandi città, col ferreo controllo degli sfruttatori albanesi, romeni o italiani. Certo,se passasse questo "modello", diverso da quello superpubblicizzato dell'Olanda, della Danimarca o della Germania (le donne in bikini esposte squallidamente come merce nelle vetrine dei quartieri a luci rosse), potrebbe riproporsi il rischio di relegare la prostituzione negli appartamenti delle periferie urbane,come già in parte avviene. Anche noi non siamo convinti che in questo mondo di sfruttamento vi sia spazio per un'attività professionale gestita, come un "lavoro autonomo" da artigiane del sesso. Non crediamo che un'attività di questo tipo si possa svolgere per lungo tempo in un condominio o in una casa monofamiliare senza la copertura della criminalità organizzata. Una legge di questo tipo quindi dovrà prevedere un coinvolgimento diretto dei sindaci che,con la polizia locale (e ovviamente la polizia di Stato e i carabinieri), siano in grado di colpire,non tanto la prostituzione (un fenomeno che,piaccia o meno, esisterà sempre) ma il suo sfruttamento intensivo, continuo, e soprattutto cercando di eliminare radicalmente quello minorile, italiano e straniero. Certo, come sostengono diverse organizzazioni umanitarie (gruppo Abele, Caritas, Cnca, ecc), la prostituzione non è un problema di ordine pubblico, ma una questione sociale. Questa affermazione però rischia di diventare un'astratta se non viene tradotta in iniziative concrete. Dopo numerosi e spesso fallimentari interventi di molti sindaci (multe alle auto dei clienti, camere video per filmare le contrattazioni, ecc.) e un interminabile dibattito sui media e nei convegni, ora finalmente una proposta organica presentata in parlamento. Sarà quella la sede, per un confronto serio, non demagogico e si spera sereno, tra maggioranza e opposizione. Si tratta certo di una grande questione sociale del nostro paese, che coinvolge tutta la società, che non può essere definita di destra o di sinistra. Forse Livia Turco e Giovanna Melandri, che si stanno agitando molto per "massacrare" il progetto Carfagna, potrebbero, insieme alle donne di tutti gli schieramenti, impegnarsi di più a migliorare i contenuti del ddl per approvare una legge che sia patrimonio di tutti. È troppo chiedere questo?

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