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Il Lazio taglia altri duemila posti letto

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Addio mini-ospedali: a Roma e nel Lazio arrivano i presidi di prossimità, strutture agili in grado di far fronte alla massa delle piccole emergenze, alleggerendo il lavoro ai grandi nosocomi, che potranno così occuparsi dei casi più gravi.È il cuore della «rivoluzione in camice bianco» del commissario ad acta e governatore del Lazio Piero Marrazzo. Un'azione, che prevede il taglio di altri 2000 posti letto per acuti, in linea con il piano di rientro stilato dal presidente della Regione per far fronte ai debiti accumulati negli ultimi anni (circa 10 miliardi di euro) dall'amministrazione nel campo della sanità. La Regione finirà per risparmiare circa 90 milioni nel 2009, e cinque già nel 2008. Ieri il vicepresidente della Regione Esterino Montino, dopo un'audizione in commissione Sanità, ha reso nota la «mappa» dettagliata dei tagli. Le forbici toccheranno gli ospedali «con meno di 90 posti letto, salvo quelli particolarmente utilizzati». Il piano-Marrazzo prevede infatti la chiusura, entro la fine dell'anno, di 34 strutture, di cui 13 pubbliche e 21 private accreditate. Il loro futuro è diventare appunto «presidi territoriali», «superambulatori» in grado di accogliere e trattare i pazienti meno gravi, liberando le mani agli ospedali maggiori. Nella Capitale a subire questa metamorfosi sarà il San Giacomo (che sarà chiuso a fine ottobre), sulla scia dell'esperienza del Nuovo Regina Margherita di Trastevere, nel quale la riconversione ha già incontrato il favore di pazienti e personale medico. Chiuderà anche il Forlanini, in via Portuense: tutte le attività sanitarie saranno trasferite al vicino San Camillo. Nel resto del territorio regionale sono invece otto i piccoli ospedali (sotto i 90 posti letto) che diventeranno presìdi: Ariccia, Acquapendente, Montefiascone, Ronciglione, Magliano Sabina, Amatrice, Ceccano e Priverno, a cui vanno aggiunti Zagarolo e Palombara, già chiusi nel 2007. I dettagli della loro riconversione saranno discussi caso per caso con le amministrazioni comunali. Di certo si sa che diventeranno «centri di continuità assistenziale», aperti 24 ore su 24 per 365 giorni l'anno, e con servizi di telemedicina, postazioni di elisoccorso negli ospedali più distanti dai principali nosocomi di riferimento e presidi del 118. Percorso simile (da mini-ospedale a presidio territoriale - i dettagli sono al vaglio della Regione) per ventuno strutture private accreditate di Roma e Lazio sotto quota 90 letti. Tirando le somme, dunque, entro il 31 dicembre saranno tagliati 1953 posti letto, di cui 1140 nel privato a cui si aggiungono i 386 posti letto in meno per i presidi pubblici, i 160 posti in meno per effetto del protocollo con il policlinico Gemelli, i 166 posti letto in meno per la riorganizzazione del San Camillo Forlanini, 170 posti letto in meno per la chiusura del San Giacomo e 69 posti letto in meno per effetto del protocollo del Campus biomedico di Tor Vergata. «Questi quattro mesi che ci separano dalla fine del 2008 - ha spiegato Marrazzo - serviranno a individuare le forme più idonee di riconversione e a elaborare un progetto operativo su misura per ogni struttura, che terrà conto delle esigenze di salute della popolazione interessata, del dato geografico, dei bisogni di assistenza. Il futuro di questi piccoli centri - ha proseguito il presidente del Lazio - proprio perché vogliamo che sia a misura dei bisogni dei cittadini, sarà discusso con i dirigenti delle Asl, con i cittadini, con le amministrazioni locali e provinciali, coinvolgendo anche i rappresentanti dei lavoratori. L'obiettivo non è togliere, ma dare una nuova sanità più moderna capillare ed efficiente». Critica sul piano-tagli firmato da Marrazzo l'opposizione. Secondo il capogruppo dei Socialisti Riformisti-Pdl Donato Robilotta il risparmio sulla spesa sanitaria a fronte dei tagli sarebbe «irrisorio» e «tutte queste manovre non coprono il disavanzo di 364 milioni nel 2008» mentre gli aennini Domenico Gramazio (vicepresidente della Commissione Sanità del Senato) e Tommaso Luzzi, consigliere regionale e componente della Commissione regionale Sanità stigmatizzano «la penalizzazione delle strutture private». Ma anche in seno al suo stesso partito, il Pd, il piano di Marrazzo suscita qualche dubbio. A preoccupare il capogruppo in Consiglio regionale Giuseppe Parroncini e il suo vice Claudio Moscardelli sono in particolare «le ricadute sociali e occupazionali» che ne potrebbero derivare: si parla infatti, a seguito dei tagli nei privati, di circa 2000 esuberi. Secondo il vicepresidente della Giunta Montino, però, tale cifra potrebbe scendere di 300-400 unità «ricollocando i lavoratori nella trasformazione delle strutture». Per gli altri «introdurremo forme di ammortizzatori sociali».

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