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Il Pdl: Dico no

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E non basta che i diretti interessati abbiano ieri precisato la loro idea, puntualizzando entrambi che si tratta, per il momento, solo di una riflessione culturale, laica, fatta come persone non come membri di governo, e che comunque deve passare per le aule parlamentari. Il primo a insorgere ieri mattina — dopo che domenica il capogruppo del Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli, aveva già invitato i due ministri a lasciar perdere — è stato il sottosegretario Carlo Giovanardi, titolare della delega alla famiglia. Un «no» chiaro e tondo: «Il programma di questo Governo e di questa maggioranza recita testualmente che per noi la famiglia è la comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna, e verso questa realtà, così scolpita dalla Costituzione, devono essere indirizzate tutte le politiche che riguardano gli interventi necessari per far fronte a una situazione italiana che registra un preoccupante calo della natalità e l'invecchiamento della popolazione». Dello stesso tenore le parole di Laura Bianconi, vicecapogruppo Pdl al Senato: «Nel programma presentato agli elettori dal presidente Berlusconi e, quindi, dall'attuale Governo non è prevista alcuna regolamentazione delle unioni civili, anche per questo siamo stati premiati dagli italiani, per la nostra chiara posizione nel ribadire che l'unica unione riconosciuta che vogliamo tutelare è quella della famiglia fondata sul matrimonio, così come prevede la Costituzione». Altrettanto severo il vicepresidente Pdl alla Camera, Maurizio Lupi, che parla di «una iniziativa minoritaria che non rientra tra le priorità del Paese e che rischia di aprire una discussione inutile della quale non c'è alcun bisogno». «La priorità sono gli interventi per le famiglie» scandisce Barbara Saltamartini di An, mentre la parlamentare azzurra Isabella Bartolini mette in guardia: «Gli elettori del centro destra, dopo aver apprezzato le nostre battaglie contro i Dico ed i Cus, non capirebbero i motivi di un'inversione di marcia così plateale». Per il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, si tratta di «una questione che, per la sua delicatezza, va lasciata alla libertà di coscienza dei singoli» e comunque si dice certo che in Parlamento non c'è una maggioranza per approvare una cosa del genere. Contro l'iniziativa Rotondi-Brunetta si scaglia anche il Forum delle associazioni familiari, organizzatore del Family Day, che esprime «perplessità per il fatto che esponenti del governo vogliano riaprire il capitolo del riconoscimento delle coppie di fatto», una questione «priva di qualsiasi ragione di urgenza e sulla quale perfino i più accesi sostenitori sembrano aver soprasseduto». Gli unici a inneggiare a Brunetta e Rotondi sono i gay di centrodestra, raccolti nell'associazioni Gaylib — ieri già Arcigay aveva espresso contentezza per l'iniziativa dei ministri — e i radicali dell'associazione Certi Diritti che si dicono disponibili a collaborare alla stesura del ddl. Plaude anche la parlamentare dell'Idv Silvana Mura, che però si mostra scettica sulle possibilità di sopravvivenza dell'iniziativa. Ieri, Paola Concia del Pd si era già detta disponibile a sottoscrivere la proposta se condivisibile nei contenuti.

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