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L'estate orribile di Walter

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Il segretario del Partito democratico, incoronato «re» lo scorso 14 ottobre, rischia un epilogo analogo. A mitragliare il «velivolo» dell'ex sindaco, però, non sono i suoi avversari. Quelle che stanno traforando la carlinga democratica sono raffiche di fuoco amico, colpi che fanno anche più male, che non consentono (e non consigliano) polemiche veementi e repliche al calor bianco se non si vuole spaccare definitivamente la fragile unione delle correnti fuse a freddo in quel del Lingotto. E allora Veltroni tace, non replica, «abbozza», direbbero a Roma. Ma nemmeno il suo silenzio passa inosservato. L'implacabile Jena, alias Riccardo Barenghi, proprio ieri lo faceva notare nel suo stile sinteticamente feroce: «Vi siete accorti che nell'ultima settimana non è uscita sui giornali neanche una dichiarazione di Veltroni?», si è chiesto nella quotidiana micro-rubrica sulla Stampa. «No», è stata la caustica risposta. I guai di Walter non nascono dalla storica contrapposizione con baffino D'Alema, che anzi ultimamente si mostra più benevolo nei suoi confronti. Non soltanto dalle sortite giustizialiste e l'opposizione viscerale dell'ex Pm milanese. E neanche dall'aperto dissenso sull'alleanza con Di Pietro manifestato da Rutelli e dai suoi «coraggiosi», che a metà luglio a Montecatini hanno fatto outing e criticato il patto con l'Idv. Certo, tutto questo ha pesanti ricadute sull'unità interna delle varie componenti democratiche. Però, la fronda anti-veltroniana arriva dal basso, dal territorio, dalle amministrazioni locali. La sua «estate orribile» è cominciata il quattro agosto, quando il governatore campano Bassolino (che Veltroni non ha spinto giù dalla torre della Regione durante l'emergenza-rifiuti, quando era più debole) si è rifiutato di firmare la petizione «per salvare l'Italia». Non per contrasti politici. Ma per coerenza: non ha voluto mettere il suo nome in calce a un documento di protesta contro il governo (di Berlusconi) con cui collabora. Al «niet» bassoliniano è seguito, a ruota, quello di Cacciari, che ha definito l'iniziativa come «sballata». Subito gli ha fatto eco il sindaco (Pd) di Vicenza Variati, che ha puntato l'indice contro il gruppo dirigente composto «da oligarchi che si concentrano su beghe di potere» e si è mostrato meravigliato della petizione: «Nessuno mi ha chiesto di firmare», ha fatto sapere. Molti altri amministratori locali hanno scelto di sottoscrivere il documento a titolo personale, nelle vesti di esponenti del Pd ma non in quelle di rappresentanti istituzionali. Anche il primo cittadino di Torino bolle come una pentola di fagioli nel malumore. Chiamparino, uno dei promotori dell'unificazione Ds-Margherita, ha annunciato che non parteciperà alla festa democratica del capoluogo piemontese e si è lamentato: «Il mio partito non perde occasione per attaccarmi, non mi sento tutelato». La situazione è così grave che circolano addirittura voci su una possibile candidatura del sindaco di Salerno De Luca alla Regione con il Pdl il prossimo anno. Come se non bastasse, il nuovo organismo politico che Veltroni vorrebbe meno identitario e «somma di risposte non ideologiche» non incontra il favore dei giovani, che invece dovrebbero apprezzare lo sforzo politicamente laico del «buon« Walter. Un sondaggio realizzato a maggio dall'istituto demoscopico «Demos & Pi» su un campione di 3332 maggiorenni rivela che tra gli elettori dai 18 ai 29 anni il Pd ha ottenuto alle ultime politiche solo il 27,5% dei consensi, mentre il Pdl, nella stessa fascia, ha totalizzato il 39,8%. Insomma il sogno dell'ex diessino che non è mai stato comunista minaccia di diventare un incubo di mezza estate. E il piccolo principe rischia di scivolare giù dal trono prima ancora di trasformarsi davvero in re.

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