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"Io, spiato, vi racconto"

Giuliano Tavaroli

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Le cose che si leggono non sono prove, ma indizi raccolti da una sola parte, la Procura. Le cose dette dagli indagati possono essere false, ed in parte lo sono di sicuro, per ammissione degli stessi protagonisti. La distinzione fra il vero ed il falso, il passaggio dalla chiacchiera alla prova, avviene in dibattimento. Qui, invece, ancora non si vede all'orizzonte neanche l'udienza preliminare. Poi verranno il primo ed il secondo grado, cui seguirà la Cassazione. Ci rivediamo fra qualche anno. Questa, dunque, è la prima conclusione: un Paese in cui la giustizia non funziona fa penare i giusti e prosperare i furfanti. Sono fra quanti sono stati spiati dal settore sicurezza della Telecom. Stavo scrivendo un libro, loro ritenevano utile sapere in anticipo quel che avrei sostenuto, così mi hanno pedinato, sono entrati nel mio computer e ne hanno asportato il contenuto. Non ho nulla di personale contro nessuno, e considero, come tutti dovremmo fare, gli indagati come dei presunti innocenti. Solo la sentenza stabilirà torti e ragioni. Ma quell'esperienza personale m'insegna che nei dossier raccolti dagli «spioni» c'erano anche un sacco di fesserie e schifezze fasulle, messe lì a scopo diffamatorio. Perché lo facevano? La tesi degli inquirenti, dopo tre anni e mezzo d'indagine, è esattamente quella da cui sono partiti: agivano per interesse personale, arricchendosi. Le due aziende paganti, Pirelli e Telecom, sono accusate di non avere saputo vigilare. È, del resto, quel che sostenni fin dal primo giorno: i vertici di quelle società o sono i mandanti o sono degli incapaci. Nel corso delle indagini, per ben due volte, il gip (giudice delle indagini preliminari) fece osservare alla procura che non aveva senso considerare gli «spioni» come un corpo estraneo, giacché operavano nell'interesse, stortamente inteso, della società. La Procura non ha aderito a quei richiami, ed un giorno, in futuro, la tesi dell'accusa sarà valutata da un gup (giudice dell'udienza preliminare). Noi tutti ne sapremo qualche cosa non ora, non allora, ma solo alla fine. Con questo ritmo, diciamo entro una decina d'anni. Nel frattempo capita che il principale accusato cambi (o faccia finta di cambiare, credo) idea e dica che agiva su ordine dei suoi capi, cui riportava i risultati delle prodezze compiute. Che facciamo, riapriamo le indagini? Così va a finire che i processi li facciamo sui giornali e le cancellerie le mettiamo in edicola. Il guaio è che non facendo i processi veri, quelli in cui gli innocenti vengono liberati dai sospetti ed i colpevoli condannati a giusta pena, da scontarsi, si consente un vasto mercato degli avvisi trasversali, del linguaggio allusivo, della minaccia esplicita, quando non del depistaggio. Vedete, alcuni fatti sono certi: A) Nella cordata che scalò Telecom Italia, all'epoca di Colaninno, esisteva un Oak Fund (Fondo Quercia); B) A chi faceva capo nessuno lo ha mai saputo, talché si consentì a (parzialmente) anonimi, con sede alle Caiman ed intermediari da società lussemburghesi, di scalare società quotate in Italia; C) Il governo di allora, presieduto da Massimo D'Alema, seguì con caloroso favore la scalata, al punto da darne in anteprima l'annuncio pubblico. E questi sono i fatti, seguiti ad una pessima privatizzazione. Ora colui il quale fu capo della sicurezza di Pirelli, poi portato in Telecom, dice che l'Oak Fund servì per pagare una tangente al partito del presidente del consiglio di allora, ed i soldi sono finiti in un conto londinese la cui firma era di Fassino e Rossi. Non ho conoscenze dirette, naturalmente, ma mi pare una boiata pazzesca. A chi giova mescolare fatti veri a fantasie irreali? Credo che questo sia un depistaggio in piena regola, condito da non velate minacce. Se queste cose sono così platealmente possibili è perché la giustizia ha superato lo stadio del coma e, dopo anni, siamo ancora al punto delle ipotesi e delle voci, senza che un giudice che sia uno si sia mai occupato di questa faccenda. È questo lo scandalo. Questa l'infezione che sta avvelenando l'Italia, e, naturalmente, questa è la pacchia dei lestofanti, scoperti o no che siano. La giustizia è certamente un dramma da affrontarsi subito, senza mai dimenticare che non potrà recuperare produttività un Paese in cui non vi sia certezza del diritto. Negli Stati Uniti non sono mancati scandali finanziari enormi, ma le sentenze sono già alle spalle. Noi, invece, siamo all'anno zero per Parmalat, Cirio e Telecom, oltretutto con forti legami fra di loro. Di questo la politica, sia la maggioranza sia l'opposizione, dovrebbe occuparsi, senza perdere tempo nell'incivile sport di lanciarsi a vicenda carte giudiziarie di processi che non si fanno.

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