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Il Cav: «Avanti con il Trattato»

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Il presidente del Consiglio partecipa al suo primo vertice europeo dal suo ritorno a Palazzo Chigi e, con un occhio vigile sui mal di pancia della politica nazionale, sfrutta il palcoscenico continentale per una dura critica alle eccessive esternazioni dei commissari Ue. Quindi, dà pienamente ragione al leader del Carroccio Umberto Bossi, che chiede un cambiamento radicale del «modus operandi» delle istituzioni europee. Insomma, mentre a Roma la Lega, con Roberto Calderoli, pone seri dubbi sul Trattato di Lisbona, il premier italiano fa sapere di concordare con il Senatur sulla necessità di un cambiamento di rotta di Bruxelles per dare spazio ai «popoli». Il tutto senza mai porre in dubbio il voto positivo del Parlamento italiano al Trattato, ma ponendo alcuni paletti pesanti sul futuro cammino dei 27. In primo luogo i commissari: «Si devono esprimere in modo diverso, riservato». Basta con le esternazioni, attacca il Cavaliere, che poi danno un gran da fare ai ministri degli stati nazionali, creando complicazioni di ogni tipo. Un appunto al quale i vertici comunitari rispondono per le rime, a cominciare dal presidente del Parlamento di Strasburgo, Hans Gert Poettering, che respinge le accuse del presidente del Consiglio ai membri dell'Esecutivo chiarendo, senza mezzi termini, che «i commissari hanno il dovere di parlare». Esattamente la risposta del portavoce della Commissione Ue: «Devono parlare e dare la loro opinione sulle politiche comunitarie». Ma Berlusconi rilancia esprimendo tutta la sua delusione per un'Europa che ha perso uomini come Tony Blair, Josè Maria Aznar e Jacques Chirac. Un impoverimento di uomini e di idee che «le ha fatto fare passi indietro». Da qui la necessità di «cambiare in fretta, in modo efficace e con vigore». Questa e la «drizzatina» a cui pensa il presidente del Consiglio per smuovere un continente che non è più in grado di «incidere» nelle vicende mondiali e neanche di fare «il bene dei cittadini». «Ci sono due categorie di europei — rincara il presidente del Consiglio — quelli che hanno espresso il loro parere sul trattato di Lisbona e quelli che non lo hanno potuto esprimere». E chi ha potuto dire la sua con un referendum, «lo ha bocciato». Una spia chiara della criticità dei rapporti tra cittadini e istituzioni, secondo Berlusconi. La parola d'ordine è quindi «cambiamento», un cambiamento forte, radicale per una ripartenza decisa su questioni di grande interesse generale come la difesa, le politiche energetiche e quelle monetarie.

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