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Rai, sulla par condicio i giganti hanno la meglio sui nanetti

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Già nel pomeriggio le prime battaglie tra «nanetti» (i piccoli partiti) e «giganti» (il Partito democratico e il Popolo delle libertà) avevano lasciato pochi dubbi. Il comandante Fabrizio Morri (Pd) e il generale Paolo Romani (Pdl) hanno condotto a San Macuto le truppe cammellate dei rispettivi schieramenti conseguendo una prima vittoria inequivocabile: i tg, i giornali radio e i programmi d'informazione e approfondimento in questa prima fase della campagna elettorale che si chiude il 10 marzo dovranno garantire «parità di trattamento» alle diverse forze politiche ma non «parità di accesso», come richiesto invece dalla prima stesura dell'articolo 4 redatta dal relatore Marco Beltrandi (Radicali) e sostenuta da tutti i «nanetti». Bruno Vespa, Giovanni Floris e Michele Santoro, insomma, avranno maggiori margini di manovra negli inviti. E nelle prossime tre settimane non saranno costretti a invitare i rappresentanti di circa 28-29 formazioni politiche (tante ne stimano a Rai Parlamento dove si racconta di direttori e vice con le mani nei capelli). Le 28-29 formazioni politiche - in base al nuovo articolo 3 emendato da Paolo Brutti - avranno diritto al 50 per cento degli spazi della comunicazione politica da dividere in maniera proporzionale. Mentre il restante 50 per cento, sarà suddiviso in maniera paritaria solo tra una ventina di formazioni presenti attualmente in Parlamento: quelle che hanno un gruppo parlamentare alla Camera o al Senato; che hanno almeno due rappresentanti a Strasburgo eletti con proprio simbolo; o infine quelli che costituiscono con almeno due parlamentari una «componente» nel gruppo misto. La prima fase della campagna va dal 6 febbraio, data della convocazione dei comizi, al 10 marzo, termine ultimo per la presentazione delle candidature. E gli umori emersi ieri a San Macuto la dicono lunga sui toni che sentiremo. Francesco Storace (La Destra) ha denunciato - riferendosi in particolare all'ultimo Ballarò - che «la Rai ne sta facendo di cotte e di crude». Giovanni Russo Spena (Sinistra l'Arcobaleno) ha aggiunto che il Ballarò «è stato una vergogna» e che in questo momento di «anomia si sta facendo uno scempio della democrazia». Morri (Pd) - che ha tentato per la verità una mediazione per la ripartizione degli spazi di comunicazione politica - si è battuto per lasciare le mani un pochino più libere agli anchorman nell'informazione: «Nessun diritto soggettivo per circa 30 partiti - ha avvertito i colleghi - a essere chiamati in egual misura a Porta a Porta o a Ballarò, non è giusto». Un «no al bilancino» poi anche da Romani e Giorgio Lainati (Pdl). Landolfi, nel frattempo, si arma per un'altra guerra della visibilità ben più importante: quella della fase finale della campagna elettorale. È relatore del secondo regolamento attuativo della par condicio, e ha spiegato che quella «è una partita diversa con una platea diversa.

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