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L'era del Prof si chiude tra insulti e sputi in faccia

Barbato (a sinistra), Cusumano (a destra)

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Il capogruppo dell'Udeur alla Camera Fabris parla di «coltellata» e di «ruggito del coniglio». Per il suo voltafaccia la Mussolini chiede un'indagine penale (?). E il circolo Mieli e Grillini denunciano la «barbarica omofobia» del suo aggressore che avrebbe usato epiteti come «frocio, cornuto e checca squallida». Mancano pochi minuti alle 16. L'inatteso «sì» di Stefano Cusumano, detto Nuccio, a Prodi scatena la rissa a Palazzo Madama. L'ex Dc, che nel '94 contribuì a salvare Berlusconi, dichiara di agire con «coerenza, serietà e per il bene del Paese». E conclude: «Scelgo in solitudine, senza prigionie politiche, scelgo per la fiducia a Romano Prodi». È una bomba. E l'aula esplode. L'Unione applaude a quattro mani. Dagli scranni del centrodestra partono urla, insulti, fischi. Qualcuno grida più volte il numero «47,47», che nel linguaggio della smorfia significa «morto che parla». Il presidente dei senatori ceppalonici Tommaso Barbato, che in quel momento si trova nel piccolo Transatlantico, vede e sente la dichiarazione di Cusumano su uno degli schermi della sala e sbotta a dentri stretti: «'Sto pezzo di merda!». Quindi lancia il cappotto a una collaboratrice, corre dentro, si dirige verso il dissidente e gli urla quello che pensa. «Gli ha sputato in faccia, cercando anche di colpirlo», dirà Sergio De Gregorio. «Non gli ho assolutamente sputato. L'ho solo additato dandogli del traditore...È un accattone. E poi quello sviene tutti i giorni...- sosterrà invece Barbato - Magari avessi avuto la possibilità di avvicinarmi, gli avrei sputato». Sta di fatto che Cusumano impallidisce, si mette le mani sul volto, si accascia sulla poltrona e sembra perdere i sensi. Il senatore viene portato via in barella, la seduta è sospesa. Alle 16,20 il presidente Marini si rivolge ai colleghi: «Le notizie che abbiamo sono fortunatamente rassicuranti», spiega. E aggiunge: «Il Consiglio di presidenza si occuperà di quanto avvenuto». Maura Leddi del Pd afferma che Barbato «andava allontanato dall'aula». Il suo capo, al contrario, lo assolve: «In questi giorni è sottoposto a pressioni enormi», sottolinea Mastella prima di dichiarare il suo «no» al governo. E, alle otto di questa serata letalmente epocale per il Professore, le agenzie annunciano che il «traditore» è stato espulso dal partito. «Per indegnità politica».

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