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Garavaglia: «Quelle parole uno stimolo

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Sinistra in guerra di religione»

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CosìMariapia Garavaglia, vicesindaco dal 2003, ex ministro della Salute, ex commissario straordinario della Croce rossa italiana, esponente di rilievo della Dc prima, della Margherita poi, e ora del Partito democratico. Onorevole, come commenta le parole del Pontefice? «L'intervento del Papa, espresso con grande dolcezza, ha spaziato su tutte le problematiche sociali ed etiche che sono al centro dell'azione pastorale della Chiesa, riconoscendo gli sforzi compiuti dalle amministrazioni e, al tempo stesso, continuando ad esortare a fare di più e a raggiungere tutte le persone in difficoltà». Ma il suo è un giudizio cattolico o politico? «Dal punto di vista politico i risultati di Roma, anche nel sociale sono ormai un fatto non un'opinione. A ribadirlo qualche giorno fa la classifica del Sole 24 Ore che certamente non è l'Osservatore romano. Dal punto di vista cattolico le parole del Pontefice sono uno stimolo forte e concreto a fare meglio e a fare di più. Nessuno ha mai detto poi che i problemi di Roma sono risolti. Speculare, come ha fatto il centrodestra, sulle parole del Papa e su un momento così intenso come quello dell'udienza di questa mattina (ieri ndr), è una responsabilità che l'opposizione si prende per intero». Anche la sinistra capitolina ha però duramente criticato le parole di Benedetto XVI. «Quando a parlare è un cattolico, mi piacerebbe si ascoltasse con rispetto e tolleranza. Così ci si potrebbe confrontare, finalmente, in modo serio e costruttivo sulle tematiche fondamentali della società e del futuro». Il «modello Roma» in questo sembra aver fallito. Lo scontro nella maggioranza tra i cattolici e la sinistra, appena si discute su tematiche etiche, si fa durissimo. Basti pensare al registro delle Unioni civili bocciato dal Campidoglio. «Con la sinistra c'è un problema di termini e quindi di dialogo che spesso viene a mancare. Il confronto intorno a grandi tematiche, come ad esempio l'aborto, la tutela della vita, l'eutanasia o i cosiddetti "pacs", si trasforma infatti, e purtroppo, in una guerra di religione. Credo invece che basterebbe partire da una sincerità di intenti per dialogare in modo sereno e forse anche più costruttivo. Sulla pace nel mondo, sul no alla guerra, sulla difesa della vita e della dignità della persona, credo sia facile, se non scontato, trovarsi tutti d'accordo». Negli anni Settanta Roma fu protagonista di un grande convegno promosso dal mondo cattolico sui mali della Capitale. Secondo lei si può ripartire da qui? «Si può e forse si deve. Il Partito democratico ha un compito importante anche da questo punto di vista. Mi sembra invece che al suo interno, anziché creare coesione e dialogo si faccia di tutto per esaltare sempre e solo le differenze». Nella giunta capitolina lei è diventata un punto di riferimento importante per i cattolici. Come pensa di contribuire ad abbattere tabù culturali che ci fanno rivivere costantemente le contrapposizioni di Peppone e Don Camillo? «Promuovendo certamente il confronto e il dialogo con convegni, seminari e incontri che trasmettano soprattutto ai giovani un approccio culturale più libero e sereno che è poi patrimonio prezioso di ogni democrazia».

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