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Ruini, una messa prima dell'addio

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Il cardinale Tarcisio Bertone ha confermato che verrà pubblicato oggi il nome del successore del cardinale Ruini alla presidenza della Cei. Come è prassi la nomina verrà ufficializzata alle 12, contemporaneamente in Vaticano e a Genova, dove è arcivescovo Angelo Bagnasco, indicato con ogni probabilità come il nuovo presidente della Cei. Ruini dal canto suo ha impiegato il pomeriggio celebrando in San Pietro una messa dedicata ai responsabili diocesani dell'insegnamento della religione cattolica. Messa solenne, all'altare della cattedra, con musiche d'organo: nessun accenno alla fine del suo mandato alla Cei, ma un forte discorso sull'importanza della religione cattolica anche per uno Stato laico. Oggi dunque Ruini lascerà il timone dopo 16 anni come presidente e i precedenti cinque come segretario. È l'86 quando Giovanni Paolo II, dopo averne apprezzato l'impegno come vicepresidente della commissione preparatoria per il convegno di Loreto dell'85, lo indica come segretario dei vescovi. Il 7 marzo '91 lo nominerà presidente della Cei, creandolo cardinale il successivo 28 giugno. Nei ventun anni a guida Ruini la Cei passa dall'essere un piccolo gruppo con strutture quasi artigianali ad una organizzazione moderna e ben più articolata, con commissioni e uffici più che raddoppiati, e dopo la modifica dei Patti Lateranensi nell'84, grazie ai fondi dell'8 per mille, con anche molti mezzi. Tanto che alcuni ne criticano il gigantismo, l'eccesso di documenti e di burocrazia. Ma Ruini ha cambiato in profondità l'intera Chiesa italiana. In sintonia con Giovanni Paolo II ha spinto per una maggiore valorizzazione dei vescovi rispetto ai laici, a livello sia ecclesiale che sociale; ha dato spazio più ai movimenti che alle associazioni ecclesiali tradizionali e ha ricollocato la base ecclesiale nei ranghi; con la fine della Democrazia cristiana ha impegnato la Chiesa nel dialogo diretto con la politica. Nell'impegno sui «valori non negoziabili» ha poi confermato la sintonia anche con Benedetto XVI: sulla «questione antropologica» - con i temi bioetici e del dialogo tra fede e scienza - il presidente dei vescovi italiani ha fondato il Progetto culturale della Chiesa italiana. Nei convegni ecclesiali di Palermo '95 e Verona 2006 Ruini ha delineato l'atteggiamento dei cattolici dopo la fine della loro unità politica: «Anche se legittimamente collocati su posizioni politiche diverse, non devono rinnegare la propria identità, non devono rinunciare a dare alla vita sociale e culturale il proprio contributo originale e inconfondibile». Questa posizione ribadita in occasione del referendum sulla legge sulla procreazione assistita - nel quale Ruini schierò la Chiesa per l'astensione - ispira alcune alleanze trasversali di politici cattolici. Ruini lascia in eredità al suo successore la annunciata ma non ancora pubblicata «nota» dei vescovi sui Dico, che esprimerà una parola «impegnativa» per quanti si ispirano al magistero della Chiesa. Chi ritiene che la gestione Ruini sia stata troppo politica e troppo centralizzata, spera che il successore recuperi un taglio più pastorale e dia maggior spazio alla voce dei vescovi e delle chiese locali. Chi lo difende a spada tratta dalle accuse di essere troppo politico rimpiangerà forse le sue celebri «prolusioni», ma lui - il teologo-filofoso e leader - rimpiangerà le «pallottole di carta» che spesso le accoglievano?

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