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Il segretario del Prc «ringrazia» il Prof dopo aver imposto il suo programma

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Ma soprattutto, non decidere. È accaduto questo a Caserta, al conclave che doveva rappresentare la «svolta» targata 2007 per il governo di centrosinistra e per l'Italia, l'inizio della «Fase Due», o «Uno bis», o come la si vuol chiamare, il rilancio di un'azione riformista mai iniziata. Invece, niente. Non si è deciso sulle liberalizzazioni, non si è deciso sui Pacs, non si è deciso sulle pensioni. «Li abbiamo fermati», ha dichiarato il leader di Rifondazione Comunista Franco Giordano subito dopo la fine del summit. E ha ragione a cantare vittoria. Anche se ieri il suo «canto» aveva un suono diverso, più conciliante, rassicurante. Il tono di chi sa d'aver vinto e non vuole infierire. «Va dato atto a Prodi di aver ribadito la centralità del programma. E questo ha di fatto impedito, o quanto meno ha reso meno forti, le forme di condizionamento esterne», ha detto infatti Giordano, in una intervista al quotidiano vicinissimo al suo partito, «Liberazione». «È emersa, insomma, la volontà di tornare in sintonia con il nostro popolo, con il popolo dell'Unione. Si è discusso, dopo tanto tempo, di quali siano le priorità sociali di questo Paese», ha aggiunto. «Ho l'impressione - ha ipotizzato il segretario del Prc - che le resistenze e la determinazione ad opporsi al taglio delle pensioni, la nostra opposizione come quella di importanti settori sociali, abbia alla fine sollecitato una parte, almeno una parte della Confindustria ad abbandonare l'idea di un conflitto sociale esasperato. E a scegliere di investire sulla qualità della crescita. Se così fosse, ma servono altre conferme, altre verifiche, allora la partita potrebbe diventare importante ed interessante. Abbiamo spiegato perchè è decisivo sottrarre il Paese ai condizionamenti delle rendite. In particolare della rendita finanziaria. Da qui siamo partiti per chiedere che venga tassata la rendita, così come è previsto da un allegato alla legge finanziaria». Quanto alle liberalizzazioni, Giordano ha ribadito che il Prc è favorevole a quelle che «sbloccano le rendite di posizione, a quelle che permettono di aggredire vere e proprie corporazioni, privilegi consolidati nel Paese. Naturalmente tutto ciò non ha nulla a che vedere con la vicenda dei servizi pubblici locali. In questo caso ci siamo opposti all'obbligo della privatizzazione che qualcuno avrebbe voluto imporre. E anche qui penso di poter tranquillamente dire che le nostre tesi hanno trovato ascolto», ha chiosato. Poi, la questione salariale: «Vogliamo che il governo sostenga le vertenze contrattuali e pensiamo ad interventi attraverso gli strumenti fiscali e attraverso quello che si chiama salario differito: elevando, insomma, la qualità dei servizi. E ancora, abbiamo chiesto di alzare le pensioni minime che in tanta parte sono davvero a livello di indigenza. Assieme a tutto questo - ha concluso Giordano- c'è la battaglia per superare la precarietà per imporre una diversa qualità dello sviluppo». A completare soddisfatto «coro» rifondarolo il ministro Paolo Ferrero, che ha precisato come «la riforma della previdenza non è una emergenza pazzesca, su cui tutta la coalizione debba convenire». In conclusione, classica ciliegina sulla torta, arrivano le dichiarzioni del capogruppo di Rifondazione al Senato, Giovanni Russo Spena: «Il vertice di Caserta non si è chiuso con un nulla di fatto, come sostengono commentatori non disinteressati coadiuvati purtroppo dal alcuni esponenti dell'Unione. Si è chiuso con la scelta unitaria di imboccare un percorso riformista capace di coniugare le esigenze dello sviluppo con quelle del ripristino dell'equità». Sarà. Ma l'impressione è che a Caserta abbia vinto il partito trasversale del rinvio comunista. E abbia perso il Paese.

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