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Al vertice dell'Unione i leader arrivano dopo pesanti litigi, scontri e attacchi personali

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Fioroni e Fassino sono in collera con Mussi. Amato è irritato da Padoa Schioppa. D'Alema è insofferente verso Prodi. Mastella odia Di Pietro. Lui ricambia. E aggiunge alla sua lista nera anche Ferrero e Pecoraro Scanio. Tutti contro tutti. Sembra diventato lo sport nazionale dei ministri: dare addosso al collega. Attaccarlo con interviste, dichiarazioni, battute televisive. Ogni membro del governo si sceglie il suo bersaglio preferito. E via con le critiche, fino a demolirne l'immagine. In mezzo a questo parapiglia c'è Romano Prodi, presidente del Consiglio di indole pacifica, che tenta di metterli d'accordo, tanto che per il vertice della settimana prepara un richiamo a tutti: più disciplina. Fiato perso. Fatica sprecata. Eugenio Scalfari gli ha consigliato di farsi dittatore. Ma con la maggioranza che si ritrova l'Unione, non basterebbero le purghe del prefetto Mori. Il Professore così ha deciso per un seminario di due giorni a porte chiuse. Il buon gusto gli ha consigliato, come location, Caserta e non Teano dove si verificò l'incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Stavolta nei saloni della Reggia, Prodi, più che presidente del Consiglio, dovrà farsi giudice di pace. Prima udienza, quella che vede opposti il ministro dello Sviluppo Economico Pier Luigi Bersani e il collega dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. I due si detestano, hanno due visioni del mondo opposte: uno vuole i gassificatori e l'altro no, uno vuole centrali elettriche pesanti e l'altro leggere. Bersani ha rotto gli indugi e ha detto chiaro e tondo che Verdi devono levarsi di mezzo: «L'ambiente non può diventare un impedimento per lo sviluppo». Roba che neanche George W. Bush sul protocollo di Kyoto. Il leader dei Verdi s'è risentito. Per molto meno il ministro Pietro Lunardi sarebbe stato pubblicamente lapidato. Pecoraro Scanio, che è campano, a Caserta giocherà in casa. E reclamerà soddisfazione. Clima rovente anche sulla direttrice Ceppaloni-Montenero di Bisaccia. Se l'astio tra i ministri dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico è cosa recente, quello tra Clemente Mastella e Tonino Di Pietro è storia antica. E risale a quando l'ex pm ha scoperto di non essere stato designato ministro della Giustizia. Da allora ha deciso di fare il Guardasigilli ombra. Mastella non ne può più. Se lo ritrova sempre alle calcagna. Indulto, riforma dell'ordinamento giudiziario, carriere dei magistrati. Di Pietro esterna su tutto. E su tutto vuole mettere bocca in Consiglio dei Ministri. Sulla storia dell'emendamento Fuda, il segretario dell'Udeur ha perso le staffe. «Zavorra morale», l'ha chiamato. «Mi fai un complimento», gli ha replicato Tonino nazionale. Ma non basta. Il leader dell'Italia dei Valori è uno che non si tira indietro e non risparmia nessuno. Ha un vecchio contenzioso con il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi. I due si sono dovuti dividere le deleghe del defunto super dicastero di Lunardi con reciproca insoddisfazione. Adesso a stento si parlano. Sicché, quando l'altro giorno Bianchi ha messo bocca sui lavori della Salerno-Reggio Calabria, Di Pietro si è inviperito. Poi elegantemente ha diramato una nota per spiegargli che quella è roba di sua competenza. Finita? Non ancora. Intervenendo in settimana su una emittente privata romana, Roma Uno, Di Pietro ha stilato una personale classifica dei colleghi ministri. Con tanto di voti: meno dieci a Mastella (esito scontato) e a Pecoraro Scanio. Bocciato pure il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero. Promossi invece Massimo D'Alema e Giuliano Amato. A proposito del primo, va segnalato un crescente disappunto del ministro degli Esteri verso il premier. Difetto di leadership e poco polso fermo: è ciò che D'Alema contesta a Prodi. Insieme al crollo verticale dei consensi. Circa Amato, il ministro dell'Interno ha più di un motivo di irritazione verso il collega dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa. Gli aveva promesso più soldi per le forze dell'ordine. Fondi mai visti. Chi invece ha tratto vantaggi dalla Finanziaria 2007 è Fabio Mu

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