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In Senato il Guardasigilli scansa le accuse «La clemenza era soltanto un atto dovuto»

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Così esordisce il Guardasigilli Clemente Mastella riferendo sull'indulto alle commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali del Senato. A Palazzo Madama, il ministro della Giustizia torna a difendere il provvedimento di clemenza che ha rimesso in libertà, fino a oggi, 17.455 detenuti - sono i dati forniti dallo stesso Mastella - e che non smette di alimentare polemiche. Che il Guardasigilli rispedice prontamente al mittente, in quanto, sull'indulto, l'esecutivo «non deve chiedere scusa», visto che si tratta di una legge «importante e coraggiosa», votata «da 705 parlamentari, di maggioranza e di opposizione». Insomma, l'indulto, per Mastella era «un atto dovuto». Non solo, per il ministro «invocare la responsabilità oggettiva o soggettiva del governo è parlare a sproposito». Insomma, l'indulto non è genìa del solo Mastella, ma di tutto l'esecutivo, con largo consenso dell'opposizione. «Tranne che nelle dittature - spiega infatti il Guardasigilli - non avevo mai visto che in un repubblica parlamentare e democratica una legge potesse essere fatta da una sola persona. Mi si fa molto onore, ma l'onore va al Parlamento. Le ragioni di sicurezza sono una priorità e vanno garantite, ma non possono essere un pretesto per dire no alla clemenza». Venendo alla cifre, riferendo in Senato Mastella afferma che i detenuti scarcerati fino ad oggi sono 17.455, di cui 16.568 ad agosto (di cui 11.313 risultavano avere una pena residua inferiore a un anno), 514 in settembre, 292 in ottobre e 81 dal primo al 15 novembre. Con l'indulto, la popolazione carceraria italiana si è quasi dimezzata. Alla data del 15 novembre risulta che il numero di detenuti è di 39.176, a fronte dei 60.710 presenti il 31 luglio, quando il Parlamento ha approvato la legge. Quanto ai detenuti beneficiari dell'indulto e già rientrati in carcere, Mastella riferisce che sono 1.715, una percentuale che il Guardasigilli definisce «non rilevante, ancor più se si considera che il numero di coloro che risultano arrestati in flagranza di reato, in realtà, è pari a 1.421». Mastella affronta poi la delicata questione del sovraffollamento delle carceri. Come? Attaccando la Casa delle libertà e, in particolar modo, tre provvedimenti varati nella passata legislatura: ex Cirielli, Bossi-Fini e legge sul falso in bilancio. «Stupisce oggi che questa polemica sull'indulto venga sollevata da quanti hanno contribuito alla disfunzione del sistema penitenziario riempiendo gli istituti di pena di poveri e disagiati», attacca il Guardasigilli. Secondo il ministro, la Cdl ha introdotto, durante i suoi cinque anni di governo, nuovi reati che «producono fenomeni di inutile e transitoria carcerazione e il collasso dell'intero sistema penitenziario». Secondo Mastella, «non è il numero dei detenuti che garantisce la sicurezza, così come non è stato l'indulto a svuotare le carceri, che si riempiono e si svuotano perché nessuno si è curato di intervenire su un sistema normativo che ha estenuato la realtà penitenziaria aumentando i rischi per la sicurezza dei cittadini». Dure reazioni alle parole di Mastella arrivano da Lega, An e Italia dei Valori. L'ex ministro della Giustizia Castelli chiede le dimissioni del sottosegretario Manconi reo, a suo dire, «di aver mentito sui dati». Gasparri (An), invita il Guardasigilli a vergognarsi in quanto «migliaia e migliaia di criminali hanno lasciato le celle per riversarsi sulle strade dove in buona parte hanno ricominciato la loro attività. Mastella fa male a dire di non vergognarsi di questa scelta». Caustico Donadi (Idv): «Il balletto di cifre conferma che l'indulto è un pasticcio». Di ben diverso tenore, rispetto a quello di Mastella, è il discorso del ministro dell'Interno Giuliano Amato. Davanti alle commissioni Giustizia e Affari costituzionali di Palazzo Madama, il «Dottor Sottile» punta l'accento sulla situazione di «indulto permanente» che rischia di crearsi nella nostra legislazione a causa di «caratteristiche della disciplina del processo» e di «talune norme del codice penale che per

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