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Anche la Montalcini si schiera contro la Manovra

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Lì, dove l'Unione non gode certo di ottima salute e dove l'assenza di un senatore rischia di essere decisiva, la maggioranza continua a perdere pezzi. Dopo il presidente della commissione Difesa Sergio De Gregorio e il «dissidente» del Pdci Fernando Rossi che hanno già da tempo annunciato il loro voto contrario alla Manovra. Con il senatore argentino Luigi Pallaro che si è ormai «incatenato» Palazzo Chigi in attesa di ottenere i 14 milioni di euro per gli italiani all'estero che lo convincerebbero a votare sì. Adesso si assottiglia anche la pattuglia dei senatori a vita. Già, proprio l'armata dei «sette terribili vecchietti» che, in questo primo scorcio di legislatura ha più volte salvato il governo in occasione di importanti votazioni, si presenta divisa all'appuntamento più delicato. Dopo Giulio Andreotti che, meno di una settimana fa, aveva espresso qualche dubbio sulla possibilità di votare la Manovra («Non lo so...Vedremo come arriverà dalla Camera. Vediamo anche se ci saranno degli emendamenti»), ieri è arrivata la secca bocciatura di di Rita Levi Montalcini. Intervenendo alla conferenza dei presidenti degli enti di ricerca allarmati per i tagli al loro budget, il premio Nobel non ha usato mezzi termini: «Non potrei votare questa Finanziaria se dovessero rimanere i tagli annunciati dal governo sulla ricerca». «L'Italia - ha aggiunto - è povera di materie prime ma è ricca di capitale umano. Se lo si distrugge, il Paese non potrà far altro che affondare». E, a dimostrare che la minaccia della Montalcini non è sicuramente una buona notizia per l'Unione, sono arrivate in serata le parole del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta. «Una Finanziaria del centrosinistra con il voto contrario della senatrice Rita Levi Montalcini non è pensabile - ha osservato interpellato a margine del settimo Foro di dialogo italo-spagnolo a Verona - quindi faremo di tutto per venire incontro alle posizioni che ha espresso». Ma ora, all'interno dell'Unione, ci si interroga anche su quello che faranno gli altri senatori a vita. Dopotutto, attualmente, la maggioranza può contare, su carta, su 156 voti (gli stessi della Cdl). Dato per scontato il voto favorevole di Oscar Luigi Scalfaro e di Francesco Cossiga («Il centrosinistra non ha bisogno di corteggiarmi - ha detto giovedì l'ex Capo dello Stato - perché sa che voterò al Senato per il decreto fiscale e per la Finanziaria per non far cadere il Paese nel caos»), mancano all'appello Carlo Azeglio Ciampi, Sergio Pininfarina e Emilio Colombo. E, mentre nell'Unione si ostenta sicurezza perché, dicono, alla fine anche Andreotti e Montalcini voteranno sì, nella Cdl qualcuno ha già un sogno: «Ve lo immaginate se, alla fine, il voto decisivo sarà quello di Ciampi?»

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