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di GIANNI DI CAPUA PRIMA accelera e poi frena.

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E rallenta. «Il Partito Democratico - dice parlando dalla "sua" Bologna -, se abbiamo il senso del destino politico del paese, lo costruiremo passo dopo passo, fondandolo sui partiti e sulle forze esterne che ci aiuteranno a capire i bisogni della società. Non stupiamoci della lunghezza del percorso. A spaccare ci vuole un minuto. A costruire ci vogliono anni. Ce ne saranno grati tutti gli italiani, ma soprattutto le nuove generazioni». Insomma il percorso è avviato, ma meglio non forzare troppo anche perché, visto quello che sta succedendo all'interno di Ds e Margherita, il rischio concreto è che il Pd non nasca o, peggio ancora, nasca perdendo per strada pezzi importanti dei partiti fondatori. Così se lo scorso 4 luglio Prodi invitava ad andare a «passo veloce» senza fermarsi convinto che «il nuovo non si costruisce con il bilancino», adesso qualche calcolo lo fa anche lui. Il premier arriva poco dopo le 13 al Circolo Arci Benassi di Bologna. È qui che Incontriamoci, la «community online della Fabbrica del programma» ha organizzato una «bandiga» (in dialetto il banchetto che, nelle aie emiliane, salutava la fine della mietitura o della vendemmia). Lo attendono 500 «ulivisti» che hanno pagato 25 euro per mangiare maccheroncini, tortelloni, salumi (molta mortadella) e piadine. Il tutto innaffiato da Sangiovese e Trebbiano. Come tutti gli invitati, il Professore si assoggetta al timbro di accesso sul palmo della mano (lo stampo è la riproduzione del logo dell'Ulivo della prima ora). Prodi mangia, raggiunto alla fine dalla moglie Flavia, prima impegnata in un dibattito sull'autismo, e poi dal palco fa un bilancio dei suoi primi 12 mesi di leader consacrato da quattro milioni di cittadini alle primarie («cinque volte il previsto»). «Fu la premessa della vittoria alle politiche - dice - e, adesso, della battaglia per una Finanziaria estremamente complicata. Perché abbiamo trovato le finanze pubbliche al disastro. Con linguaggio popolare, direi che siamo stati troppo signori a non aver espresso la violenza con cui ci avrebbero trattato gli esponenti del Polo, in caso contrario. Secondo, il Paese ereditato viene da cinque anni a crescita zero e con differenze sempre più elevate tra ricchi e poveri. La Finanziaria punta a riprodurre equità e crescita e a rimettere i conti a posto». Prodi ammette che c'è, nel suo esecutivo, un problema di comunicazione: «Non di idee, ma di mezzi di comunicazione». Ma è fiducioso che, come «la gente capì che erano false le promesse di Berlusconi», tra pochi mesi capirà che la strada presa è quella giusta. Poi parla del cuneo fiscale. E attacca: «Ogni imprenditore che incontro mi dice che in cinque anni di Berlusconi mai avevano avuto una cosa così. Poi invece a livello assembleare la categoria paragona i benefici del cuneo ai costi del prelievo del Tfr, che è la ventitreesima parte». Quindi è la volta del Partito Democratico. Secondo Prodi, come nelle grandi democrazie europee, «non c'è alternativa» al Pd, che nasce «se i partiti ne sono convinti e se c'è una forte adesione popolare senza i quali il progetto si infrange». «È da 11 anni - continua - che perseguiamo questo progetto, da quando nacque l'Ulivo, tra grandi risate. Le nuove generazioni saranno grate di poter lavorare in un paese in cui sia possibile programmare e progettare. Senza ripudiare la storia di una grande nazione, serve andare avanti, perché lo chiede la globalizzazione e l'irruzione di nuove potenze economiche, verso il Pd senza impazienza e con serenità: finora le cose che abbiamo detto le abbiamo fatte. Ora ci spetta il compito forse più difficile ma forse il più importante per la storia del Paese».

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