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Sull'Afghanistan il Pdci non molla la presa

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Diliberto insiste: «Siamo contrari alla missione, ma non faremo cadere il governo»

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Mentre non accenna a diminuire la «competition» tra le forze pacifiste. Anzi, ieri, i toni si sono alzati e si registra una durissima polemica tra Comunisti italiani e Rifondazione comunista. A giorni, probabilmente la seconda settimana di luglio, comincerà l'iter parlamentare del disegno di legge in commissione alla Camera e nei prossimi giorni i gruppi dell'Unione inizieranno anche a lavorare sulla mozione che lo accompagnerà. Ed è proprio su questo documento che la maggioranza dovrà trovare l'accordo politico. Per raggiungere l'intesa c'è ancora tempo e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Ricardo Franco Levi sta continuando, giorno e notte, nella sua opera di mediazione. Un'opera in cui dovrebbe aiutarlo anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti. La mediazione, però, continua ad essere particolarmente difficile visto che Pdci, Verdi e Prc continuano a chiedere che, nella mozione, sia contenuto l'impegno del governo a studiare una exit strategy dall'Afghanistan, e quello di ridiscutere le caratteristiche dell'impegno in sede Ue, Onu e Nato. Ma i ministri degli Esteri e della Difesa, Massimo D'Alema e Arturo Parisi, e la componente riformista del centrosinistra, hanno più volte ripetuto che da Kabul l'Italia, per ora, non se ne va. Posizioni, osserva il Verde Paolo Cento, che «rischiano di non essere rappresentative di tutta l'Unione». Comunque, al di là dei proclami politici, Prc e Verdi hanno garantito l'appoggio al provvedimento e, anche da parte del Pdci, non dovrebbero esserci sorprese. Ciò nonostante ieri Diliberto (che ha chiesto a Prodi di rinunciare ai voti in arrivo dall'Udc) si è mostrato battagliero. «Aspettiamo che il Ddl arrivi in Parlamento - ha detto durante una pausa della direzione del partito - e lì lo valuteremo assieme a eventuali mozioni e ordini del giorno. Il partito terrà fede a due linee. Da un lato contrarietà alla partecipazione a missioni di guerra, dall'altro lealtà del partito all'esecutivo e al centrosinistra. Non faremo cadere il governo». Ma il vero problema non sembrano essere le parole di Diliberto quanto la pattuglia dei «dissidenti» che, al Senato, non mostra segni di cedimento. Ieri Claudio Grassi, della minoranza del Prc, ha polemizzato con Antonio Di Pietro, che ha accusato i «ribelli» di infantilismo politico: «Con gli attacchi - risponde - non si va lontano». Di fronte al pericolo di non avere i voti necessari a Palazzo Madama, Clemente Mastella ha rilanciato l'allarme dei giorni scorsi. Se l'Unione va sotto, ha avvertito il ministro della Giustizia, si torna alle urne. Più tranquillo, invece, il presidente del Senato Franco Marini che ha ammesso che c'è qualche difficoltà, dicendosi però convinto che alla fine «prevarrà il senso di responsabilità». Il clima non è comunque dei migliori e questo lo dimostra l'ultima polemica scoppiata a sinistra e innescata da Diliberto. Il segretario del Pdci ha detto di ritenere «bizzarro» che i partiti che per otto volte hanno votato contro la missione in Afghanistan, oggi sostengano che sia una missione di pace. Un chiaro riferimento a Verdi e Prc. E se il Sole che ride, con il presidente dei deputati Angelo Bonelli, si è limitato a invitare Diliberto a non utilizzare il pacifismo come uno strumento di rottura e ha rivendicato la volontà del partito di «non consegnare il Paese a Berlusconi», Rifondazione ha attaccato duramente. «Fingere di non vedere i passi avanti compiuti in tempi molto brevi e assumere posizioni che minacciano di azzerare questi progressi - ha detto il presidente dei senatori del Prc Giovanni Russo Spena -, rivela solo un cinismo politico tanto estremo quanto di piccolo cabotaggio». Dura l'ulteriore replica del Pdci: «Rifondazione deve giustificarsi con la propria base e Russo Spena è disperato perché deve appoggiare la politica mili

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