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I tassisti prepararano la rivolta

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«Siano nettamente contrari - fa sapere Nicola Giacobbe, segretario generale di Unica-Cgil - a una modifica della legge 21 del '92 che proibiva il cumulo delle licenze». «Con questo decreto - gli fa eco Maurizio Longo, responsabile nazionale della Cna-Fita - viene meno il principio "un uomo, una macchina", e si dà la possibilità a un unico soggetto di gestire più licenze, aprendo così la strada all'industrializzazione del servizio. Una strada già battuta all'estero, anche in Europa - aggiunge Longo - e che non ha funzionato: i primi a essere scontenti sono i clienti». «A Roma - aggiunge Carlo Bologna, presidente della Ait, l'Associazione italiana tassisti - sono sei anni che non aumentiamo i tassametri. E i costi di gestione di un taxi (a Roma sono circa 6.200) si aggirano tra i 14 mila e i 15 mila euro l'anno, circa 1.200 euro al mese». Cifre confermate anche da Giacobbe, che sottolinea come nel frattempo siano però cresciuti i costi di carburante, assicurazione e manutenzione. E se gli si fa notare che la liberalizzazione delle licenze punta anche a rendere più concorrenziali i costi per il cliente, Giacobbe aggiunge: «Noi, di aumentare le tariffe, non abbiamo parlato affatto in questa fase. Semmai, per quanto riguarda Roma, da tempo chiediamo di renderle più trasparenti. Oggi nella capitale esistono due tariffe: una dentro il raccordo anulare e una, più alta, al di fuori. Noi abbiamo proposto di abolire la seconda, applicando sempre la tariffa più concorrenziale». Secondo i sindacati, la strada per abbattere i costi è un'altra e bisogna far sì che il taxi resti a gestione familiare, «anche consentendo che la stessa vettura sia utilizzata dal figlio del titolare della licenza», fa notare Longo, sottolineando che da tempo la categoria ha chiesto all'amministrazione pubblica di discutere questo aspetto, insieme a quello della pianificazione della mobilità territoriale e delle corsie preferenziali, che si tradurrebbero in maggiore velocità e in minori costi. Viceversa, «se in capo a un unico soggetto possono gravitare più vetture - osserva Giacobbe - date in uso a dipendenti, si otterrà l'effetto di far lievitare i costi e quindi le tariffe per la clientela e si incentiverà un'occupazione quasi certamente in gran parte precaria». Per l'ex-ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno (An) «l'ondata di liberalizzazioni decisa dal governo rappresenta una pesante sfida per l'opposizione, sia sul versante di riforme necessarie per modernizzare la società italiana, sia su quello della difesa di categorie sociali che hanno la colpa di non votare a sinistra. Sul versante della modernizzazione della società italiana - spiega Alemanno - bisogna avere il coraggio di ammettere che questa riforma contiene delle innovazioni che dovevano essere fatte già durante il governo di centrodestra. In particolare gli interventi sulle banche e sulle assicurazioni che indubbiamente aiutano i diritti dei consumatori che erano troppo compressi da realtà economicamente forti. Contemporaneamente - aggiunge - altri interventi, come quello sul commercio, sui tassisti e sulle farmacie hanno nella loro unilateralità e nella loro arroganza il segno di una chiara scelta politica di far pagare i processi di liberalizzazione solo ad alcune categorie sociali. Mentre nulla viene fatto contro i monopoli gestiti da grandi gruppi economici e da interessi difesi dal mondo sindacale - prosegue l'esponente di An - tutto si carica sulle fasce del ceto medio probabilmente colpevoli di non essere allineate politicamente con questo governo. Reclamiamo inoltre - conclude Alemanno - quel principio di concertazione che non può valere solo per la triplice sindacale e per Confindustria,

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