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Fausto fa ancora il subcomandante Tutto Chavez, gay e populismo

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Ha continuato incontrando il populista presidente del Venezuela Hugo Chavez. Due giorni fa ha detto che vuole abolire le tribune d'onore negli stadi. Questo è il comunismo secondo Fausto Bertinotti. Chissà se Marx apprezzerebbe, ma tant'è. Il nuovo presidente della Camera ci tiene a non tradire la sua storia e la sua identità, anche se è seduto sul terzo scranno più alto d'Italia. E allora rimprovera il Papa perché «ha un'idea restauratrice» sulle coppie omossessuali e sui Pacs, mentre come Ratzinger è «angosciato dalla modernizzazione del mondo» e dalla globalizzazione. E ancora, tra i primi provvedimenti presi da Presidente, Bertinotti ha deciso di ridurre al minimo la scorta e le autoblu, basta fronzoli. «Ho il tolto il superfluo», gli piace raccontare e con l'occasione via pure i guanti bianchi ai commessi della Camera, che il suo predecessore Casini aveva invece imposto. Ha dichiarato che riceverebbe, «sempre che le regole della Camera lo permettano», l'amico Marcos, il subcomandante, il paladino degli indios messicani, che gira da anni con il passamontagna lottando per i diritti dei più deboli e dei più poveri. Si conobbero anni fa nella foresta del Chiapas, ma ora incontrarsi nei saloni di Montecitorio sarebbe tutta un'altra cosa. Ma non basta. Appena eletto l'ex leader di Rifondazione si è pronunciato in favore di un provvedimento di clemenza verso i detenuti, e da ex sindacalista non ha dimenticato i lavoratori: «Il personale che opera nel carcere, costretto a un disagio prodotto dal sovraffollamento». Certo l'idea di comunismo di Bertinotti è molto personale, anche perché la sua è più la storia di un sindacalista si cultura socialista. Però a volte reinventarsi una tradizione aiuta a rafforzare la propria immagine. E allora lui mischia un po' le carte. In passato disse che per lui il momento alto, più significativo, del comunismo era non la presa del palazzo d'inverno a Mosca nel '17 (come avrebbe risposto qualunque comunista ortodosso), ma il '68. Insomma niente a che vedere con Mosca, i Politburo e il centralismo democratico, piuttosto un idea tutta in movimento del comunismo, giovane e di piazza. Per questo a lui, cristiano in cerca di identità, piace la chiesa della Liberazione, l'anima terzomondista e invece critica quella del potere di Roma. A lui piace Don Dilani (che ha infatti citato nel suo primo discorso) e la chiesa di base. Vuole tenere viva la memoria della Resistenza e non parla delle ombre che pure Napolitano (il comunista vero, sempre in linea, moderato e realista) nel suo discorso del giuramento da presidente della Repubblica ha ricordato. Il suo primo impegno mondano da presidente della Camera è stato presenziare all'inaugurazione di una mostra a Roma sui manifesti del fronte antifranchista durante la guerra di Spagna. Questo è il comunismo secondo Bertinotti: sullo scandalo che in questi giorni sta sconvolgendo il mondo del calcio italiano ha spiegato: «La mercificazione dei rapporti umani produce tendenzialmente corruzione". Certo Bertinotti è famoso anche per i suo cachemire, per le sue frequentazioni di salotti e feste, ma alla sua radicalità proprio non vuole rinunciare. E forse non è solo una battaglia di conservazione: se nascerà davvero il partito democratico con Ds e Margherita, la platea di Rifondazione si allarga e allora sarà il tempo di creare un ampio soggetto politico di sinistra e un po' comunista.

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