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Unione, sono già tutti in fuga dal governo

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D'Alema e Napolitano corrono per il Quirinale, Prodi ci fa un pensiero. Fassino e Rutelli defilati

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Se sarà Prodi a guidarlo. Basta guardare che cosa è accaduto nelle ultime settimane. A una settimana dal voto, quando i sondaggi davano il centrosinistra in vantaggio di cinque punti - in una situazione cioè inattaccabile per Berlusconi - Rutelli veniva dato in corsa per il Viminale, Fassino voleva gli Esteri assieme a D'Alema il quale correva anche per Montecitorio contro Bertinotti. Mussi veniva dato per certo all'Ambiente, Diliberto alla Cultura, Letta all'Industria. Ora, l'aria è completamente cambiata. Anzitutto Fassino e Rutelli. Che non danno più per certa la loro partecipazione all'esecutivo e, comunque, non con deleghe, tantomeno pesanti. Farebbero i vicepremier al nulla, una condizione che consentirebbe loro di restare alla guida dei rispettivi partiti. Che altrimenti dovrebbero lasciare: troppo rischioso per un esecutivo che potrebbe avere vita breve. E anche Prodi sembra non crederci più. È partito in quarta, spingendosi pure a disegnare scenari esteri con qualche imprudenza su Hamas. Ma non pronuncia più la parola «governo» da giovedì scorso, praticamente una settimana. Non è un caso. La partita vera sta diventando quella delle poltrone sicure, quelle istituzionali, quelle che durano anni. Come il Quirinale, un settennato. O le presidenze di Camera e Senato, un quinquiennio. Ed è per questo che l'Unione sembra poco propensa a trattare sulle cariche istituzionali, mentre invece appare decisa a spingere sulla linea del «prendi tutto e scappa». Una linea confermata anche da Piero Fassino che ieri sera ha messo in chiaro due punti. Primo, «i presidenti di Camera e Senato devono essere espressione della maggioranza che ha vinto le elezioni, il presidente della Repubblica deve derivare da un metodo di concertazione tra tutte le forze politiche e quindi è chiaro che lo scenario può essere diverso». Secondo, «non siamo favorevoli a una soluzione che escluda i Ds dalla presidenza delle due Camere». In questo secondo caso, si riferisce a Fausto Bertinotti il quale non ha mai fatto mistero di sognare Montecitorio e lo ha ripetuto anche in questi giorni a Prodi, con il quale si è ristabilita l'asse di ferro di un tempo. D'Alema punta alla stessa poltrona, ma può aspirare «legittimamente» alla presidenza della Repubblica. Nei Ds sono convinti che ce la può fare solo se passa un accordo con la Cdl. O meglio: con Berlusconi in persona. Nel qual caso il presidente dei Ds potrebbe farcela nei primi tre scrutini, dal quarto in poi (dopo non è più necessaria la maggioranza larga) la Quercia avrebbe il candidato di riserva: Giorgio Napolitano. Il ballottaggio è sempre ristretto a loro due. Ma la partita del Quirinale è assai complicata. Ed entrano in gioco variabili imprevedibili. Una di queste è prorio quella che circola dentro i Ds e che vedrebbe gli uomini del Botteghino fare un passo indietro per lanciare al Colle proprio Romano Prodi. All'inizio era soltanto una boutade, ora è un'ipotesi che muove lenti passi verso la concretezza (forse è per questo che il Professore non parla più del governo). Sembrano calare in questo quadro le quotazioni di Giuliano Amato, sebbene a suo favore si muoverebbe anche il Vaticano, che non ha dimenticato la sua bocciatura del gay pride ormai sei anni fa. Più complicata la partita al Senato. Stando alla spartizione unionista, dovrebbe andare a un cattolico, possibilmente un margherito visto che i laici sembrano fare manbassa delle altre cariche. Il candidato principale della prima ora era Franco Marini. Ma il quadro complicato uscito dalle urne gli suggerisce di restare al partito. Spera Clemente Mastella. E salgono le quotazioni di Nicola Mancino: l'ha già fatto, sa come tenere l'assemblea e in questa fase, con una maggioranza così risicata, serve qualcuno di grande esperienza. Ci sono poi altre ipotesi. Per esempio, circola anche l'indiscrezione di Giulio Andreotti: è l'unica carica che gli manca, nella sua vita politica ha fatto tutto. In verità, non gli è riuscito di fare il presidente della Repubblica

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