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La Passione di Prodi

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La vittoria su Berlusconi, almeno quella ufficiale, accertata dal conteggio delle schede contestate, di là da venire. Le grane, invece, ecco quelle sono l'unica cosa reale e concreta con cui Romano Prodi deve fare i conti in questi giorni. A scorrere le dichiarazioni, le richieste e i diktat all'interno del centrosinistra il Professore non ha molto da stare allegro. E qualora riesca a farsi dare l'incarico dal prossimo Presidente della Repubblica e a formare il nuovo governo si trovare subito sul tavolo una serie di problemi da affrontare. Innanzitutto le richieste di Confindustria. Ieri Il Sole 24 ore ha messo mero su bianco quello che gli industriali (con i quali Diliberto e Bertinotti non vanno certo d'accordo) si aspettano da Prodi. Prima di tutto la riduzione del cuneo fiscale. Come? «Diminuendo un poco — scrive Alberto Alesina — le aliquote marginali sui redditi medio alti e quelle sul reddito di impresa, allargando il più possibile la base imponibile, cioè tassando ad aliquote inferiori una base imponibile più vasta». Impegno non da poco. Ma ancora più nette sono le richieste sul mercato del lavoro. «Bisogna migliorare il mercato del lavoro — scrive ancora Alesina — eliminando costi e ostacoli ai licenziamenti e all'uso efficiente della manodopera». Un tema che introduce quello, ancora più spinoso, della legge Biagi. Che sarà, per molti, il primo vero banco di prova del futuro governo dell'Unione. Mercoledì il numero uno della Cgil Gugliemo Epifani ha lanciato il sasso: non va cambiata ma cancellata. «Un ritocco non ci basta» ha messo giù duro. E il centrosinistra ha subito accusato il colpo. Tanto che Tiziano Treu, padre del primo pacchetto sul lavoro che ha introdotto forme di flessibilità, si è precipitato a tranquillizzare gli animi. Specialmente quelli di Confindustria, particolarmente sensibile all'argomento. «Nel programma dell'Ulivo c'è l'impegno di combattere il lavoro precario. Ma questo non significa abrogare la legge Biagi — ha spiegato Treu in un'intervista — C'è sicuramente una parte della legge che va distrutta, in particolare quelle norme che rendono precario il lavoro e che del resto sono anche inutili dal punto di vista della creazione di nuova occupazione. Ma nessuno pensa ad una abrogazione completa del provvedimento». A far risalire l'adrenalina all'interno dell'Unione ci ha pensato il verde Paolo Cento. Che per far capire qual è il pensiero della sinistra radicale sull'argomento ha chiosato secco: «Il programma dell'Unione è chiaro sul superamento della legge Biagi. Qualsiasi riforma del mondo del lavoro tesa a stabilizzare i rapporto di lavoro e introdurre nuove tutele, come il reddito di cittadinanza, avrà come premessa inevitabile la cancellazione, e non la parziale modifica, della legge Biagi». Dichiarazione che ha fatto sobbalzare Giancarlo Sangalli, segretario nazionale della Cna: «Parlare di abolizione della legge Biagi ci trova fermamente contrari: la consideriamo una sciocchezza, un punto di ritorno indietro del Paese». E a rafforzare il concetto ha anche spedito un avvertimento al centrosinistra: «Attenti perché sulle tasse, prima delle elezioni, avete fatto uno scivolone. Vedete di non farlo anche sulla legge Biagi: di scivolone in scivolone si casca per terra». Poi c'è il problema dei rapporti internazionali e del ritiro delle truppe dall'Iraq. A giugno ci sarà da rifinanziare la missione in Iraq e anche se Prodi si è affrettato a tranquillizzare i suoi alleati della sinistra radicale sulla ferma volontà di ritirarsi dal paese entro il 2006, Marco Rizzo, dei Comunisti italiani ha insistito sul «ritiro immediato» e ha precisato che «di questa missione da finanziare c'è solo la "benzina" per consentire alle truppe italiane di rientrare dalla guerra». Basta? No perché il Professore deve fare i conti con i Radicali della Rosa nel Pugno, che sono riusciti a tornare in Parlamento dopo quasi dieci anni di assenza e che hanno annunciato di non voler arretrare di un millimetro dalle loro proposte. Che sono

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