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Aborti in crescita solo per le donne straniere

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Nel 2003 sono stati 31.836 gli interventi chiesti da immigrate. Oltre 15 mila vengono dall'Est Europa

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Eccola qua, la tanto famigerata verifica sullo stato di attuazione della legge 194, c'è già ed è stata presentata in Parlamento meno di due mesi fa. I dati definitivi fanno riferimento all'anno 2003 ma, tra le 35 tabelle contenute nelle oltre 60 pagine, trovano spazio anche i dati preliminari per l'anno 2004. E sono dati che fanno riflettere. Anche perché, tra le righe, emerge un nuovo e preoccupante problema sociale: la maternità delle donne straniere che lavorano nel nostro Paese. Il fenomeno è andato aumentando negli ultimi anni vista anche la crescita di immigrate che vivono nel nostro Paese e lavorano come badanti o baby sitter. Per molte di queste, almeno da quanto emerge dai dati, è veramente difficile allevare un figlio. Da qui il ricorso sempre crescente all'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg). Al punto che il fenomeno condiziona decisamente tutti i dati raccolti nella Relazione. Innanzitutto il valore assoluto del numero di aborti. Se erano 132.178 nel 2003, nel 2004 si registrano 136.715 interventi con un incremento del 3,4%. Anche se rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il pi alto ricorso all'Ivg (234.801) il decremento è del 41,8%. Incrementi si registrano anche nel tasso di abortività, cioè nel numero di Igv per ogni 1000 donne in età feconda (15-49 anni), e nel rapporto di abortività (numero di interventi per 1000 nati vivi). Certo, si tratta di incrementi minimi (+2,6% per il tasso di abortività, +1,8% per il rapporto di abortività), ma pur sempre di incrementi si tratta. A far crescere quasi tutte le statistiche relative alle interruzioni volontarie di gravidanza sono soprattutto le donne con cittadinanza estera. Infatti, mentre le donne italiane ricorrone sempre meno all'aborto («solo» 97.755 nel 2003), le donne straniere sono passate da poco meno di 9.000 nel 1995, anno in cui si è iniziato a rilevare l'informazione sulla cittadinanza, alle oltre 30.000 del 2003 (quasi tutte con età inferiore ai 34 anni). Come se non bastasse il tasso di abortività tra le donne straniere è tre volte superiore a quello della donne italiane. La divisione geografica di queste donne vede in pole position quelle provenienti dall'Est Europa (15.531) seguite dalle sudamericane (6.377) e dalle asiatiche (3.628). Il vero tema di discussione, quindi, riguarda proprio loro. Come è possibile tutelare la maternità di queste donne? Quali sono gli interventi che possono, almeno in parte risolvere, quella che sembra essere una vera e propria emergenza sociale? Sul fronte italiano, infatti, il fenomeno sembra in larga parte risolto anche se è evidente come la costante diminuzione dell'Ivg sia tutt'altro che omogenea. Infatti a diminuire, nel 2004, sono soprattutto i dati relativi all'Italia meridionale e insulare (un modesto -0,1%) mentre al nord (+4,8%) e al centro (+6%) si registra un incremento. Ma qual è «l'identikit» delle donna che ricorre all'Ivg? Dai dati emerge che al centro-nord sono soprattutto donne nubili mentre nel sud e nelle isole la prevalenza è di coniugate. La grande maggioranza (46,4%) è in possesso di una licenza media inferiore. Sfatato il «mito» secondo cui sono soprattutto le donne indigenti a ricorrere all'Ivg. Secondo la relazione, infatti, il 48,9% delle donne che hanno abortito nel 2003 risulta occupata, il 27,1% casalinga e il 10,1% studentessa. Un discorso a parte quello relativo ai consultori familiari. Secondo la Relazione, infatti, mancherebbero all'appello tra i 400 e i 600 consultori su tutto il territorio nazionale. Un altro dato che dovrà far riflettere anche perché a ricorrere a questi servizi di assistenza sono soprattutto le donne straniere.

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