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Ex Cirielli, la Cdl fa saltare voto e dibattito al Csm

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Manca il numero legale per la fuga dei consiglieri del Polo, poi bacchettati dal vice presidente Rognoni

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Manca il numero legale. Colpa dei laici della Cdl che lasciano l'aula ritenendo superfluo tornare a esprimersi sul provvedimento approvato dalla Camera. Evitando così che il Consiglio vada al di fuori delle proprie competenze, comportandosi come una assemblea legislativa. Una scelta che ha fatto saltare Rognoni dalla sedia. «Tutti i consiglieri hanno il dovere di assicurare il numero legale» ha detto il numero due di Palazzo dei Marescialli bacchettando i laici del Polo. I consiglieri sono usciti alla spicciolata, anche se sin dalla mattinata erano stati espliciti sulle loro intenzioni: «Non possiamo dare un parere che non ci è stato richiesto. Così si va oltre le competenze assegnate al Csm» aveva spiegato Mariella Ventura (Lega Nord). «Un parere sulla ex Cirielli il Csm lo ha già dato - aveva fatto notare Giuseppe Di Federico (Forza Italia) - Se a ogni modifica parlamentare il Consiglio pretende di intervenire diventa una terza Camera, il che è inaccettabile». E contro i «ripetuti sconfinamenti» del Csm sul terreno del Parlamento aveva tuonato Giorgio Spangher (Forza Italia), motivando la sua scelta di lasciare l'aula anche in polemica con la recente presa di posizione di Rognoni, che qualche giorno fa aveva invitato la maggioranza a «lasciar cadere una riforma contestata da tutti. Un'inopportuna dichiarazione che schiera politicamente il Csm nel pieno del dibattito parlamentare». Le accuse di intromissioni di campo vengono respinte dai togati. Il nuovo parere sulla ex Cirielli è stato fatto nello «spirito di leale collaborazione» con il legislatore, dice Giuseppe Salmè presidente della Commissione Riforma, quella che ha messo a punto il documento contestato. Salmè punta l'indice invece contro l'uso distorto del quorum da parte dei laici della Cdl, invitando il legislatore a intervenire: «Il quorum è un istituto previsto per garantire rappresentatività a un organo collegiale, non per fornire a una minoranza uno strumento per fare ostruzionismo». Intanto, caduto l'alibi Previti, arrivano le adesioni. La modifica della norma prevista non placa del tutto le polemiche. Il deputato Edmondo Cirielli di An ora dice di condividerla e ne riassume la paternità - sulle prescrizioni che ora non si applicheranno per quei processi che sono già in appello o in Cassazione o che, in primo grado, siano già entrati nella fase dibattimentale. Ma su due aspetti della legge varata dalla Camera sembrano essere tutti d'accordo, perfino settori importanti dei penalisti italiani: le nuove norme non consentiranno più le grandi disuguaglianze - anche per gli imputati dello stesso processo - nelle concessioni delle attenuanti agli imputati e renderanno più efficaci le condanne. Proprio ciò che si prefiggeva fin dall'inizio della proposta di legge nata in An: punire in maniera più severa chi persevera nei reati, comminare pene più severe ai membri delle associazioni criminali, dare certezza all'istituto della prescrizione togliendo discrezionalità ai giudici. Le nuove norme, dunque, incideranno in modo evidente sul regime vigente.

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