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Partito unico ma ognuno col suo simbolo

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Berlusconi dà una mano a Fini. Follini frena: nel 2006 un soggetto nuovo o si va con i vecchi simboli

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E partito «unitario» e «non unico», precisa il premier, vuol dire che alle prossime elezioni non ci sarà un simbolo unico a rappresentarlo. È questo il percorso che Berlusconi ha indicato nel convegno sulla «nuova casa comune» dei moderati che si è svolto a Palazzo Wedekind, sede de Il Tempo. Un vero e proprio cambio di rotta a cui Berlusconi è stato costretto da una serie di fattori. Innanzitutto c'è l'esigenza di venire incontro alle esigenze di Alleanza nazionale che in piena bufera interna non riuscirebbe a digerire in fretta il progetto di un partito unico in cui confluire. Altro ostacolo quello dell'Udc con un congresso alle porte e anche qui con problemi di leadership da risolvere. Insomma ce n'è abbastanza per consigliare a Berlusconi un percorso meno faticoso ma comunque da perseguire se la Cdl vuole presentarsi all'appuntamento elettorale con una veste nuova. C'è poi in ballo anche un sondaggio commissionato dallo stesso Berlusconi secondo il quale la Cdl perderebbe il 5% se decidesse di correre alle prossime politiche abolendo i simboli dei diversi partiti della coalizione. A questo punto sono due le ipotesi a cui sta lavorando il premier: un nuovo simbolo che contiene al suo interno i simboli di tutte le forze della maggioranza; o, pur definendo un programma comune che comunichi all'elettorato l'idea che la Cdl ha aggiornato i suoi contenuti, presentarsi al voto ognuno con il proprio simbolo. La proposta però ha lasciato interdetti alcuni dei più accesi sostenitori del partito unitario. Marco Follini, ha manifestato tutta la sua perplessità. O si crea il nuovo partito - ha osservato il leader centrista - o alle elezioni del 2006 ognuno andrà col suo simbolo: «Ovviamente, delle due l'una». Intanto il Cavaliere annuncia la fusione dei gruppi parlamentari di Forza Italia, An ed Udc entro settembre, come primo passaggio concreto di un percorso verso un grande partito popolare che rappresenterà un «potente polo di attrazione» anche per tutti coloro che non accettano un accordo con Bertinotti e trovano «innaturale» l'autoscioglimento in una «permanente alleanza con Rifondazione». Il premier poi indica una tempistica veloce. A giorni si riunirà Forza Italia per dare il suo assenso a questa iniziativa. Un'assemblea costituente dovrà lavorare a partire da luglio ad uno statuto comune da presentare entro novembre, spiega il premier, chiarendo che la leadership di partito sarà separata dalla premiership. «Costruiremo un partito nazionale, popolare e riformatore che si richiamerà alla famiglia del Ppe, un partito aperto alla società civile, un partito di valori e unitario: così si potrà chiamare - spiega ancora - almeno fino a quando non sarà scelto un nome definitivo. Non un semplice assemblaggio di partiti esistenti, dunque, ma una forza aperta a tutti, ai partiti minori, alle associazioni ed ai club». E, naturalmente, con il sostegno della Lega. In questo quadro Berlusconi potrebbe anche fare «un passo indietro». La leadership sarà definita democraticamente - assicura - e, se servirà, l'attuale premier si potrebbe fare da parte, facendo in realtà «un passo in avanti». Nel frattempo, Berlusconi lavora ad un «motore centrale ed unitario» per la campagna elettorale, «una campagna dettata dal centro dove molte intelligenze potranno dare il loro apporto».

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