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Authority Tlc, alla Corte non tornano i conti

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Nel mirino le spese per il personale, i costi di missione, il «persistente ricorso a consulenze esterne»

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Una nomina attesa da lungo tempo che lo porterà ai vertici dell'Authority più desiderata dai dipendenti della Pubblica Amministrazione. Così almeno sembrerebbe leggendo l'indagine sulla gestione dell'Autorità approvata lo scorso 5 marzo dalla Corte dei Conti. Nella relazione si analizzano i dati di gestione dal 1998, anno d'inizio dell'attività, al 2003. La Corte, nelle sue conclusioni, evidenzia una «sostanziale correttezza della gestione finanziaria». Ciò nonostante, non manca di sottolineare alcune «anomalie» che caratterizzano l'organizzazione. L'Autorithy si regge economicamente su una quota di contributi statali (22,8 milioni) e una a carico dei «soggetti esercenti i servizi regolati» (15,4 milioni di euro). La vera domanda a cui anche la Corte cerca di dare riposta è: come sono stati spesi questi soldi? È a questo punto che i nodi vengono al pettine. Si scopre infatti che quasi il 90% della spesa dell'Autorità viene utilizzata per la retribuzione del personale e per gli oneri di funzionamento. Complessivamente presso l'amministrazione sono in servizio 248 dipendenti. Negli anni, nota la Corte, si è evidenziato «un incremento delle posizioni di vertice, contrapposto al decremento delle qualifiche operative ed esecutive, conseguenza di scelte dell'amministrazione». «Si tratta di scelte — continua la Corte — che si assuma debbano essere attentamente valutate anche nel profilo della sostenibilità finanziaria. La nuova distribuzione delle risorse umane, infatti, ove integralmente attuata, eleverebbe i costi in una misura che potrebbe non essere compatibile con le effettive disponibilità». Non solo, ma l'ampiamento dell'organico «prefigura incrementi proporzionali della spesa corrente che solo in parte si ritiene possano essere coperti dall'eventuale abbattimento delle consulenze e dalla rinuncia agli investimenti». È proprio il capitolo «consulenze» a preoccupare la Corte. Nel corso del periodo preso in esame, infatti, l'Authority ha fatto spesso ricorso a «collaborazioni esterne» (per un ammontare complessivo di 13 milioni euro). Tra di esse «hanno sollevato perplessità» la consulenza di due avvocati «per l'espletamento di funzioni di assistenza giuridica al direttore del servizio affari giuridici e comunitari» e di tre magistrati amministrativi per «la formulazione di pareri in materia di pubblicità ingannevole» oltre al «pagamento di parcella» per la realizzazione della relazione annuale al Parlamento. «I costi fondamentali — nota la Corte — risultano rappresentati dall'esigenza di acquisire personale in possesso di elevata professionalità. Tale esigenza non risulta soddisfatta appieno, dato il ricorso persistente ai rapporti di consulenza per lo svolgimento di mansioni correnti». Ultimo elemento «anomalo» rilevato è quello relativo alla gestione degli immobili e alle spese di missione. Nel 2003 l'Autorità ha acquisito in locazione due immobili a Roma, ripensando sull'acquisto della sede istituzionale di Napoli. Eppure solo 129 dipendenti risultano utilizzati nelle due sedi (27 a Roma e 102 a Napoli) «si assume quindi — scrive la Corte — che le rimanenti unità di lavoro dispongano di due sedi di lavoro». Qui si apre il capitolo «spese di missione» che, pur avendo registrato un rallentamento negli due anni, è «a volte, parso anche fuori controllo». Non c'è che dire, per il neopresidente si prefigura un duro lavoro.

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