Prevenzione oncologica non sulle spalle dei cittadini
Non si parla ancora di cifre da dedicare alla Sanità ma, assicura il Ministro, non ci sarà nessun aggravio per i cittadini. «Questo non è stato nemmeno pensato» ha risposto Sirchia entrando alla prima sessione del Workshop Ambrosetti a chi gli chiedeva se i progetti del Ministero avrebbero comportato un aggravio di spesa per i cittadini. Il ministro non chiarisce se ha chiesto di ampliare il budget a sua disposizione: «Non abbiamo chiesto soldi - ha risposto Sirchia a una domanda in merito - ma di finanziare iniziative: vedremo quanto dovrà mettere lo Stato e quanto altri partecipanti». «Sono tutte iniziative in corso di perfezionamento» e non si possono dare cifre, ha concluso. Tra le priorità di Sirchia «un piano nazionale di prevenzione oncologica che ha un ritorno fortissimo in termini di salute e in termini economici». Ci sono inoltre «una serie di novità nella ricerca dove c'è un progetto già avviato con gli Stati Uniti e altri all'interno del Paese». «Sono temi - ha sottolineato Marzano a chi gli chiedeva se c'erano novità nella prossima Finanziaria che riguardassero la Sanità - che speriamo di mantenere e aumentare». Sul «buco» di 8 miliardi della spesa ospedaliera, invece, intervengono i manager. Ridurre i costi della spesa ospedaliera è una chimera. Il peso economico dei posti letto, infatti, è destinato a crescere anche con un numero inferiore di strutture. Almeno se si pretende una sanità efficente, con tecnologie aggiornate, trattamenti e farmaci di ultima generazione, servizi di qualità. A dirlo è Antonio Cicchetti, direttore generale del Policlinico Gemelli di Roma riferendosi al nuovo allarme spesa emerso dai dati preliminari arrivati, in questi giorni, dal tavolo di monitoraggio Stato-Regioni sui Livelli essenziali di assistenza (Lea, le prestazioni base che il servizio sanitario Nazionale è tenuto a fornire). L'analisi di governatori e Governo rivela un buco di 8 miliardi di euro nel 2001, sulla spesa prevista. Con la maggiore «responsabilità» degli ospedali che hanno assorbito il 48% delle risorse rispetto al tetto del 45% indicato dall'accordo sui Lea. «La vita media si alza, la tecnologia galoppa e la prevenzione cresce». Risultato: «Al di là dei confronti tra costi sostenuti e costi dovuti, e al di là dei necessari tagli agli sprechi, è inevitabile che in futuro la spesa sanitaria del nostro Paese aumenti». Ne è convinto Vito Corrao, direttore generale dell'Istituto ortopedico Gaetano Pini di Milano e per anni alla guida dell'ospedale Fatebenefratelli del capoluogo lombardo. Una ricetta anti-buco? «A livello ospedaliero - risponde Corrao - la prima cosa da fare è sicuramente una seria lotta agli sprechi, strada ormai aperta anche in Italia. È fondamentale evitare i 'doppionì - sostiene il direttore generale del Gaetano Pini - perchè è ovvio che due reparti da 20 letti costano più di un solo reparto da 40». A chiedere di non usare sempre l'ospedale come capro espiatorio direttore del Policlinico di Bari, Pompeo Traversi. «In ogni caso bisognerebbe studiare a fondo - continua Traversi - le ragioni reali dei costi, capire meglio quando la 'colpà è delle struttura e quando invece si sconta una generale disorganizzazione del territorio e di altre istituzioni sanitarie che, poi, scaricano la loro inefficenza sui soliti ospedali».
Dai blog
Generazione AI: tra i giovani italiani ChatGPT sorpassa TikTok e Instagram
A Sanremo Conti scommette sui giovani: chi c'è nel cast
Lazio, due squilli nel deserto