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Strage di Bologna, anniversario polemico

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Storace: giù le mani da Mambro e Fioravanti. Per An processo pilotato

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Nell'occasione il ministro del'Interno, Giuseppe Pisanu, ha anticipato di un giorno la sua visita a Bologna programmata per le cerimonie a ricordo della strage del 2 agosto 1980 alla stazione. Il responsabile del Viminale nel tardo pomeriggio di ieri ha incontrato il prefetto del capoluogo emiliano-romagnolo, Vincenzo Grimaldi. Gli incontri pubblici e il corteo che da via Indipendenza sfilerà fino alla piazza Medaglie d'Oro, sono in programma a partire dalle prime ore di stamattina. «Credo sia giusto continuare a manifestare una posizione di dubbio rispetto a una sentenza perlomeno equivoca» ha dichiarato ieri il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, fornendo così una giustificazione del perché ha ricevuto Francesca Mambro, condannata all'ergastolo per la strage di Bologna insieme a suo marito, Giusva Fioravanti. I due ex Nar, che per la strage di Bologna si sono sempre dichiarati innocenti, sono stati definiti «terroristi» dal ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu. «Bisogna dirlo - ha aggiunto Storace - non è una strage fascista. Va detto con forza: tanto più che assistiamo a un tentativo di strumentalizzare quei morti». Quella di Storace non è un'opinione personale: «C'è una mozione votata all'unanimità dal consiglio regionale del Lazio - spiega -. È del 22 dicembre del 1995 e il presidente è l'ulivista Piero Badaloni». Da parte sua, Enzo Fragalà, capogruppo di An in commissione Mitrokhin, si chiede «che fine ha fatto il comitato trasversale che da anni si è costituito per mobilitare le coscienze ad invocare la revisione del processo-farsa che ha portato alla condanna di Francesca Mambro e di Giusva Fioravanti? Che fine hanno fatto Furio Colombo, Giovanni Pellegrino e Carla Rocchi?». L'esponente di An si chiede inoltre «dove sono finiti gli appelli alla pacificazione nazionale, dove è andata a finire la serenità di giudizio che ha indotto un vasto fronte bipartisan a ritenere che un processo costruito a tavolino e fondato sulle dichiarazioni di un pentito scarcerato in cambio delle sue false accuse attraverso lo scambio della sua Tac immacolata con quella di un moribondo malato di cancro al pancreas andasse quanto meno rivisto». Il giudice istruttore Rosario Priore, che nella sentenza ordinanza sulla strage del Dc9 Itavia dedica un capitolo alla connessione con l'attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto '80, fa notare che «i progetti stragisti al tempo di Ustica, in quel 1980, non erano un'esclusiva del terrorismo di destra. Essi erano patrimonio del terrorismo mediorientale che dopo il settembre nero di Giordania decise di esportare il terrore con stragi indiscriminate in Europa». Priore prendeva in considerazione anche piste alternative a quella della strage di destra, messa a segno dai due ex terroristi dei Nar, Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, condannati in via definitiva. L'ipotesi di una connessione tra Ustica e Bologna venne avanzata dall'ex ministro dell'Industria, Antonio Bisaglia, in una riunione del Comitato interministeriale per la sicurezza, svoltosi a palazzo Chigi il 5 agosto 1980.

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