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Impasse sulla risoluzione al Csm, Castelli si tira indietro

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Il Guardasigilli decide di disertare il plenum «per non interferire con le indagini». Pesanti accuse dell'Anm

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Dove ieri al plenum c'è stato un lungo braccio di ferro tra laici del Polo e togati sulla risoluzione che Palazzo dei Marescialli dovrebbe varare sulla gestione del famoso fascicolo 9520 da parte dei pm milanesi sotto accusa. La difficile mediazione tentata dal vice presidente Rognoni - che in mattinata sembra abbia incontrato il capo dello stato Ciampi - è fallita. Ed è stata rinviata a stamattina la discussione del documento, elaborato nei giorni scorsi dalla Sesta Commissione che ha «assolto» i due magistrati milanesi che hanno opposto il segreto investigativo agli ispettori inviati da Castelli. Continua, intanto, anche il «grande freddo» tra il ministro Castelli e il Csm. Il Guardasigilli diserterà oggi il plenum del Consiglio. Non parteciperà, come peraltro aveva chiesto, al dibattito proprio sul rapporto tra segreto investigativo e ispezioni negli uffici giudiziari. Ha fatto sapere di «non volere interferire con le indagini in corso». Ragioni di opportunità insomma. Accolte dal vice presidente Rognoni con un laconico «non viene? Va bene così». Il muro contro muro si è consumato ieri dentro l'organo di autogoverno dei giudici, tra laici del Polo e togati, per tutto il giorno. Da una parte i consiglieri della Cdl, che avrebbero preferito rinviare la discussione del testo elaborato dalla Sesta Commissione perché «il Consiglio interferirebbe nell'attività giudiziaria». O in alternativa la modifica del documento con la soppressione della parte che assolve Boccassini e Colombo. Forte l'opposizione dei togati che, come Berlinguer, laico Ds, sono convinti che non ci sia nessuna interferenza: «La Procura di Brescia deve indagare sotto il profilo penale, fatto che non compete al Csm». D'altra parte, Berlinguer ha ricordato che in passato lo stesso Consiglio aveva avviato pratiche a carico di magistrati, sempre del pool mani pulite, indagati e sempre prosciolti. «Il nostro compito - ha aggiunto - è diverso da quello dei magistrati penali. Noi dobbiamo solo accertare se il comportamento dei pm di Milano sia stato conforme alle delibere del Csm». Al fianco della Boccassini e di Colombo si è schierata l'Associazione magistrati, che ha detto senza mezzi termini che «finisce sotto tiro chi indaga sui potenti». Dopo aver ricordato la campagna di delegittimazione orchestrata durante i processi di Milano contro pubblici ministeri e giudici l'Anm, in una nota, ha precisato che «i magistrati, ovviamente, sono soggetti a tutti i controlli previsti dalla legge, ma debbono poter svolgere il loro lavoro in condizioni di serenità». A Brescia ha chiesto che si chiarisca tutto in fretta. L'indagine sui pm di Milano, Boccassini e Colombo, decisa dalla Procura di Brescia, ha riacceso dunque lo scontro politico sulla giustizia. Ormai è guerra di tutti contro tutti. I magistrati milanesi contro quelli bresciani (come ai tempi di Mani pulite con Di Pietro), il Guardasigilli contro la procura di Milano e contro l'organo di autogoverno dei giudici, i pm bresciani contro il Csm (di fatto hanno sconfessato l'orientamento fin qui assunto dalla VI Commissione), gli imputati di toghe sporche contro i pm accusatori. Al centro dello scontro c'è sempre Milano. Dietro si agita lo spettro dei processi Sme-toghe sporche, con gli imputati eccellenti.

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