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Verifica, ricatto della Lega sulla cabina di regìa

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Il premier dà l'ok ma Bossi annuncia: «Allora via l'interesse nazionale dalla devolution». Fini s'infuria

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La campana che segnala l'inizio dell'ultimo giro. Dell'ultimo giro della verifica politica, s'intende. Non si è ancora al rush finale, insomma, ma il confronto nella Casa delle Libertà si sta avviando alla conclusione. Berlusconi ha detto chiaro e tondo in consiglio dei ministri che la cabina di regìa, il costituendo organismo in cui entreranno a far parte i principali ministri e che dovrebbe garantire una maggiore collegialità all'interno dell'esecutivo in particolare in materia economica, è pronto. Ne faranno parte i principali ministri (oltre a Tremonti anche Alemanno, Buttiglione, Marzano e Maroni). L'ostacolo maggiore a questo punto è l'interesse nazionale. La Lega non ne vuole sapere, insiste perché scompaia dal provvedimento sulla devolution. Il Carroccio ha anche spiegato che se non viene totalmente tolto dal testo non leverà il veto alla nascita della cabina di regìa. A quel punto Fini s'è infuriato e ha replicato che An non tollererà un'ulteriore mancanza di collegialità nel governo. Il voto che ha affossato il decreto sugli immobili due giorni fa alla Camera è stato un mezzo avvertimento, quello che vicepremier ha lanciato in Consiglio dei ministri ieri è un altro mezzo avviso. A Palazzo Chigi si è così ricomposto l'asse An-Udc da un lato, Lega-Tremonti dall'altro. Al fianco di Fini infatti si è immediatamente schierato Buttiglione (Udc). A irrompere nello stallo tra i due blocchi è stato Mirko Tremaglia (An) che ha esplicitamente chiamato in causa Berlusconi che ascoltava il dibattito senza intervenire. A quel punto il premier ha confermato il via libera alla cabina di regìa che avrà poteri anche sui contratti di lavoro. Ma per togliere il veto della Lega sarà necessario un nuovo incontro tra il premier, Fini, Tremonti e questa volta allargato a Bossi. «È questione di giorni», dice un ministro. Per questo slitterà il varo del Dpef a metà luglio. Il rinvio era stato chiaro sin dalla mattinata dalle parole del vicepremier. L'aria nuova traspare anche dalle parole del ministro Giovanardi (Udc): «Oggi è stata effettuata una verifica sul metodo della collegialità che ha riguardato temi importanti come il Dpef, la copertura del decreto sull'Iraq ed alcuni contratti di lavoro (scuola, sanità e pubblico impiego)». Ma la partita non è ancora finita. C'è ancora un giro da fare.

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