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Massimo D'Alema, il ritorno in grande stile: così vuole mediare tra Pd e M5s

Aldo Rosati
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A differenza di John Belushi (“quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”), baffino non si è mai peritato di entrare a gamba tesa in qualsiasi momento della partita. Soprattutto quando vinse la “canzone popolare”, ovvero l’Ulivo, e allora si che furono anni ruvidi di scazzottate e trappole velenose a quelle "mammolette" di Romano Prodi e Walter Veltroni che provarono a mangiare a "casa" sua, le due anime belle che volevano sottrargli la leadership. Proprio a lui, il "migliore", il mandrake dei tempi d’oro, quando il sogno del primo vero comunista a Palazzo Chigi finalmente si realizzò. Per non dire di quel giovane "bischero" che emerse da Firenze, prima coccolato per mesi, c’era da assegnare il posto da commissario nella commissione Ue come alto rappresentante per la politica estera; poi trafitto mortalmente senza pietà. Lo screanzato infatti osò decidere senza tenere in considerazione la sua cattedra in materia e gli preferì una "Carneade" qualsiasi, tale Federica Mogherini, che da pochi mesi aveva giurato come capo della Farnesina nel governo del fiorentino.

 

Da quel momento, baffino, alias Massimo D’Alema, lo mise impietosamente nel mirino. Trasformando la famigerata riforma costituzionale nelle 14 stazioni di Cristo. In pratica quello che si è sempre considerato il miglior prodotto di Botteghe Oscure, chiamò alla battaglia finale gli ultimi "giannizzeri" a disposizione, gli amici di Pier Luigi Bersani, che già di loro nutrivano un’avversione pericolosa nei confronti di colui che sprezzante del pericolo, si faceva chiamare il rottamatore. La vendetta si consumò con il referendum, così alla fine Matteo Renzi fu semplicemente l’ultima vittima dell’implacabile.

D’altra parte Cencelli fu solo un precedente, il vero manuale è sempre stato quello vergato da Massimo D’Alema in persona: colpire prima di essere colpito, far fuori chiunque osi mettere in discussione il suo "aureo" primato. Eliminato il "bischero", Max poté così dedicarsi alle sue passioni: le barche a vela, il vino, gli affari internazionali, aiutato da una ricchissima rete di relazioni cementata nei decenni. E di tanto in tanto riemergere a "spot", per dare buoni consigli, non potendo più dare il cattivo esempio. A Giuseppe Conte ad esempio, così cerimonioso e riconoscente, pur sempre il punto di riferimento fortissimo dei progressisti. Ora nel mezzo del marasma del campo largo, baffino sente che è tornato il momento migliore per riaffacciarsi alla politica.

 

Quell’arietta ideale per le sue antiche piroette, somministrate agli eletti che sono in grado di reggere il suo gioco, di impreziosirlo. Sbarazzarsi dei nemici riformisti rimasti in circolazione, piegare l’alleanza a sua immagine e somiglianza. Insieme all’azzimato avvocato di Volturara Appula, ovvero della magica terra di Puglia, dove Massimo da giovane, fu segretario regionale del Pci e tanti anni dopo commensale di un pranzo attovagliato con Rocco Buttiglione a Gallipoli, con Berlusconi nel menù. Prima di riapprodare a Roma per far riconoscere una volta per tutte la sua incontrastata maestria. Insieme a Giuseppe Conte, per trovare il modo di rendere accettabile la convivenza con Elly Schlein, quei due non si possono dividere. Un’alleanza tutta a sinistra, sia chiaro. Che gli esami di ammissione, è pronto a farli lui. In prima persona, o comunque in terza, sua eccellenza Massimo D’Alema. Con un post scriptum. Baffino non hai smesso di giocare la partita, ha solo atteso il momento giusto per tornare a dettare le regole.

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