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Luca Zaia: "La politica senza uno scudo si ferma". Meloni? "È come Berlusconi, con lei le riforme si fanno"

Edoardo Sirignano
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 «Stiamo cambiando questo Paese con le riforme che, da anni, erano state promesse e usate come specchietto per le allodole da tanti governi, senza arrivare a nulla di concreto. Ora lavoriamo sull’autonomia, sul premierato. Con questo Governo guardiamo al futuro del Paese. E, mi creda, grazie alla Meloni, anche all’estero sono tornati ad accorgersi di noi». A dirlo il governatore del Veneto Luca Zaia. Continuano le critiche delle opposizioni sull’Autonomia.

È d’accordo con chi la definisce Spacca-Italia?
«Se è una scatola vuota senza sostanza, come predica qualcuno a sinistra, come fa a spaccare il Paese? Altra sciocchezza, poi, la secessione dei ricchi. Siamo di fronte a un grande progetto di decentramento amministrativo che fa bene a tutti, nessuno escluso. Così siamo più efficaci nei servizi che ci chiede la gente, dalla Protezione Civile al rilasciato dei passaporti. Possiamo fare una valutazione di impatto ambientale a livello regionale, evitando mesi, se non anni, di lungaggini burocratiche. E molto altro».

 

Quelli che vengono considerati i viceré del Sud, vedi De Luca ed Emiliano, intanto, restano scettici...
«Non ho mai conosciuto un presidente di Regione che non voglia maggiori competenze. Ogni governatore, d’altronde, ha ricorso almeno una volta alla Corte Costituzionale per salvaguardare prerogative fondamentali. Non dimentichiamolo. E’ questo il senso dell’autonomia: avvicinare la catena decisionale ai cittadini».

Tra i critici pure il suo collega di Forza Italia Occhiuto. La maggioranza è divisa?
«È legittimo pensare al bene del proprio territorio. La legge Calderoli, comunque, non spacca la Calabria, anzi le dà l’opportunità di chiedere competenze. Se qualcuno, poi, vuole estremizzare i ragionamenti, è ovvio che non possiamo intenderci. Il centralismo nella storia ha fatto bene alla Calabria? Non mi sembra. Cerchiamo di interpretare l’Autonomia come un’equa suddivisione del benessere e non del malessere».

Qualcuno parla di scambio col premierato. Si ritrova con questo collegamento?
«Il premierato è una modifica costituzionale. Non c’entra con l’Autonomia, che è già legge. Non c’è nessuno scambio di prigionieri, come sostiene qualcuno a sinistra. Ma sono tra i primi sostenitori del premierato proposto da Giorgia Meloni, perché riprende un modello che funziona, quello dell’elezione diretta. Porta a essere protagonista il cittadino».

 

A proposito di Meloni, come giudica l’operato della premier?
«Meloni sta facendo un ottimo lavoro. Finalmente si torna a una politica estera di alto profilo come quella vissuta con Berlusconi. Oltre alla diplomazia, la premier è riuscita a creare rapporti personali, utili al Paese. Dal 2011 non si vedeva qualcosa del genere. L’immagine dell’Italia è cambiata a livello internazionale. Contiamo di più e a dirlo i fatti, non le parole».

Lo stesso Piano Mattei può diventare modello, considerando la riduzione degli sbarchi?
«Salvini, da ministro dell’Interno, ha svolto un ottimo lavoro e i risultati soltanto adesso si stanno raccogliendo. Detto ciò, le azioni di politica estera della Meloni stanno funzionando e non si può non tenerne conto».

Dopo il caso Toti, la Lega lancia l’immunità anche per chi è alla guida delle Regioni. Si ritrova con questa posizione?
«Non stiamo parlando di impunità, ma di immunità. La giustizia deve essere uguale per tutti. Detto ciò, un amministratore è chiamato a scegliere e quando lo fa può anche sbagliare. Il paradosso è che in Italia, per paura di essere incriminati, non si decide più nulla. Così, però, si porta il Paese alla paralisi. Con il Covid, prima dei lockdown ho dovuto bloccare il carnevale di Venezia, chiudere teatri, sale cinematografiche e quant’altro, pur di salvaguardare la salute della propria gente. Se fosse stata una banale influenza? Sarei per anni in tribunale».

Ritornando alla politica, qualcuno parla di un nuovo partito con a capo Vannacci. Ne sa qualcosa?
«Non so nulla. Conosco solo un partito e si chiama Lega».

Sono, dunque, ricostruzioni false, come quelle relative alle spaccature tra lei e Salvini?
«Nella vita bisogna essere coerenti e fedeli alle proprie idee. Se ogni volta che le borse vanno giù, decidi di vendere le tue azioni, sarai sempre uno sfigato. In ogni partito ci sono stati momenti migliori, come altri peggiori, ma non ho mai pensato neppure un momento di lasciare la Lega. Guardo al futuro con ottimismo».

Si avvicinano, intanto, le regionali. Il dibattito sul referendum può incidere?
«Sul referendum la Corte non si è ancora espressa. Ma è bene far notare che non ci sono stati neppure 5 Consigli regionali d’accordo sul proporlo. Sono arrivate 500mila firme. Ma ricordo anche che solo in Veneto ne abbiamo raccolto 2 milioni e 328mila a favore dell’Autonomia. Chi chiede a gran voce di abolire la legge rischia di essere albero che cade in una foresta che cresce. Cambiamo questo Paese, tutti assieme». 

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